Studio Legale Associato Carugno & Cimarelli
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I difensori d'ufficio. Il Governo cambia molte cose.

31/10/2014

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Consiglio dei Ministri n. 36 del 30 ottobre 2014

DIFESA D’UFFICIO
Riordino della disciplina della difesa d’ufficio (decreto legislativo – esame preliminare)

Su proposta del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di decreto legislativo in materia di riordino della disciplina della difesa d’ufficio. 
Il provvedimento, che attua la delega al Governo prevista dalla legge 247/2012, prevede che l'elenco dei difensori d'ufficio, attualmente tenuto presso ciascun Consiglio dell'ordine, venga unificato su base nazionale e che sia affidata al Consiglio Nazionale Forense la competenza sulle modalità di iscrizione e sul suo periodico aggiornamento.
Al fine di assicurare la qualificazione professionale del difensore d'ufficio sono stati previsti criteri più stringenti per l'iscrizione: 5 anni di pregressa esperienza in materia penale e, in alternativa, il conseguimento del titolo di specialista in diritto penale. Quanto ai professionisti attualmente iscritti agli elenchi tenuti dai Consigli dell’ordine, essi saranno iscritti automaticamente all’elenco nazionale con onere di dimostrare, ad un anno dall'entrata in vigore del decreto, la presenza dei requisiti richiesti dalla nuova disciplina per il relativo mantenimento dell’iscrizione.
Le nuove norme prevedono inoltre che il nominativo del difensore d’ufficio venga fornito all’autorità procedente dai locali Consigli dell’ordine, che devono provvedere a predisporre un elenco dei professionisti iscritti all’albo che facciano parte dell’elenco nazionale. I criteri per la designazione del difensore non saranno più dettati dagli stessi Consigli dell’ordine, ma dal Consiglio Nazionale Forense sulla base della prossimità alla sede del procedimento e della reperibilità.

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Avvocati e p.a. - illegittime le clausole condizionanti apposte nelle delibere di incarico.

29/10/2014

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Due importantissime sentenze del Giudice Amministrativo censurano, sancendone la illegitimità,  le cosiddette clausole condizionanti della P.A. nel conferimento degli incarichi agli Avvocati.
Si tratta di quelle clausole inserite nelle delibere o determine di incarico che obbligano gli avvocati ai minimi tariffari o altre limitazioni alla acquisizione del compenso professionale dovuto per l'espletamento di incarichi defensionali o di consulenza. 

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Sentenza del Tar Puglia, sez. II – Lecce, sentenza 9 luglio – 14 ottobre 2014, n. 2500
Presidente Trizzino – Estensore Manca

Fatto e diritto

1.- Dal ricorso e dagli altri atti della causa emerge che:
- l’Avv. V. veniva incaricato, nel corso degli ultimi vent’anni, di difendere in giudizio il Comune di Nardò con riguardo a una lunga serie di controversie, avanti al giudice amministrativo e all’autorità giudiziaria ordinaria (controversie analiticamente indicate nella D.C.C. n. 161/2013 impugnata);
- all’esito dei vari giudizi, egli procedeva alle relative richieste di pagamento, accettando peraltro significative riduzioni delle somme dovutegli, in ultimo ‘fissate’ nel complessivo importo di euro 98.763,60;
- l’Amministrazione, tuttavia, alla seduta consiliare del 27 dicembre 2013 (D.C.C. n. 161 cit.), pur <>, deliberava, <>, di liquidare gli onorari in parola applicando i valori tariffari minimi all’epoca in vigore, per un totale così rideterminato in complessivi euro 73.042,16.
2.- L’Avv. Vantaggiato proponeva quindi il ricorso in esame, per i motivi che seguono:
- Eccesso di potere per errato presupposto. Violazione e falsa applicazione degli artt. 191 e 194 t.u.e.l.. Ingiustizia manifesta. Eccesso di potere per contraddittorietà.
3.- Il ricorso è fondato e dev’essere accolto, per le ragioni che di seguito si esporranno.
4.- Come in parte già scritto, l’Amministrazione Comunale di Nardò, con la delibera consiliare n. 161 del 2013:
- prendeva atto del credito vantato dall’Avv. A. V.;
- riconosceva, dunque, <>;
- riconosceva, ancora, che lo stesso era <>.
4.1 Riteneva, tuttavia, di dover applicare le tariffe professionali minime, in ragione:
a) dell’indirizzo espresso dalla Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Basilicata, nella sentenza n. 180 del 13 ottobre 2011;
b) dell’assenza, per gli incarichi professionali in oggetto, di contratti redatti in forma scritta.
5.- Le considerazioni appena esposte non possono essere condivise.
6.- Quanto al primo profilo, anzitutto, il Collegio ritiene che i principi enunciati dal giudice contabile nella sentenza richiamata non siano stati correttamente applicati dal Consiglio Comunale.
6.1 E infatti:
a) nella fattispecie portata al vaglio della Corte dei Conti <>: per quello che risulta agli atti del giudizio, invece, le delibere di Giunta assunte dall’Amministrazione intimata non contenevano una analoga <> (che peraltro la stessa Corte dei Conti giudicava nella pronuncia di <>) ma, soltanto, l’assunzione da parte del Comune di un proprio predeterminato impegno di spesa, il quale, indipendentemente dalle conseguenze sul piano giuscontabilistico, non si traduceva ex se in un vincolo per il legale nominato, il quale non aderiva, per quanto dedotto dalle parti, ad alcun accordo limitativo dei propri compensi.
b) in ogni caso, è soprattutto nel ‘merito’ che le situazioni appaiono completamente diverse: nella fattispecie portata all’esame della Corte dei Conti, difatti, veniva contestato agli amministratori il riconoscimento della legittimità di un debito fuori bilancio con il quale si era, <>.
Il tutto riferito a un singolo incarico legale, limitato alla difesa svolta nella fase cautelare di un unico giudizio amministrativo, al quale l’A.C. era peraltro formalmente estranea (essendo stato promosso da una ditta privata nei confronti della Regione Basilicata): ciò che si addebitava agli amministratori, dunque, non era tanto la violazione delle regole di contabilità ma, come appena scritto, l’aver provocato all’Amministrazione un danno <> per il Comune.
6.2 Nell’ipotesi in esame, invece, da un lato non v’è alcuna concreta dimostrazione della circostanza che i compensi infine richiesti dal ricorrente (come premesso significativamente ridotti rispetto a quelli di cui alle iniziali parcelle) non fossero giustificati dalle utilità conseguite dal Comune, ma, anzi, almeno a un giudizio svolto ab externo, non v’è alcuna ragione per reputare gli stessi incongrui rispetto a un’attività difensiva svolta in una numerosa serie di controversie, non seriali e articolatesi in un arco temporale di quasi vent’anni.
Difetta, dunque, radicalmente, da parte del Comune, la dimostrazione che le ‘pretese’ avanzate da parte dell’Avv. Vantaggiato non fossero coerenti alle prestazioni professionali svolte. Ovvero che, ribaltando la prospettiva, il ‘valore’ di tali prestazioni fosse tale da giustificare, così come assunto nella delibera impugnata, l’applicazione dei minimi tariffari.
7.- Con riguardo, poi, al tema concernente l’assenza, ritenuta dal Comune, della ‘forma scritta’, il Collegio osserva che la questione deve reputarsi anch’essa ‘superata’ in ragione dei principi più volte espressi, sul punto, dalla S.C., secondo la quale < La procura alla lite, infatti, quale negozio unilaterale di conferimento della rappresentanza in giudizio, si distingue sì dal contratto di patrocinio, negozio bilaterale, con il quale viene conferito l’incarico al professionista, ma, quando la stessa, conferita per iscritto dal cliente, ai sensi dell’art. 83 c.p.c., è accettata dal professionista con il concreto esercizio della rappresentanza giudiziale tramite atto difensivo sottoscritto, può configurare il contratto di patrocinio tra ente pubblico e professionista, soddisfacendone anche il requisito della forma scritta ad substantiam, perchè del contratto di patrocinio con la pubblica Amministrazione sono presenti tutti i requisiti necessari:dall’incontro di volontà tra ente pubblico e difensore alla funzione economico-sociale (causa) del negozio, all’oggetto e alla forma scritta, requisito proprio di tutti i contratti stipulati dalla P.A., che risponde all’esigenza di identificarne il contenuto negoziale e di rendere possibili i controlli dell’autorità tutoria. Esigenza che, nella specie, è soddisfatta dal collegamento necessario, funzionale e di contenuto tra la procura alla lite, sottoscritta dal rappresentante dell’Ente, e l’atto di difesa (citazione, ricorso o comparsa) sottoscritto dal difensore.
Può, quindi, essere affermato il seguente principio: In tema di contratti della P.A., che devono essere stipulati ad substantiam per iscritto, il requisito della forma del contratto di patrocinio è soddisfatto con il rilascio al difensore della procura ex art. 83 cod. proc. civ., atteso che, il relativo esercizio della rappresentanza giudiziale, tramite la redazione e la sottoscrizione dell’atto difensivo perfeziona -con l’incontro di volontà fra le parti l’accordo contrattuale in forma scritta, che, rendendo possibile l’identificazione del contenuto negoziale e i controlli dell’Autorità tutoria, risponde ai requisiti previsti per i contratti della P.A..(v. anche Cass. 5.5.2004 n. 8500; Cass. 18.7.2002 n. 10454) >> (Cassazione civile, VI, 16 febbraio 2012, n. 2266).
6.- Sulla base di tutto quanto fin qui esposto, dunque, ritenuti non condivisibili entrambi i dati motivazionali sui quali era fondata, la delibera n. 161 del 2013 dev’essere in parte qua annullata (limitatamente ai formulati profili di gravame, e dunque, ricordato come essa avesse a oggetto il “Riconoscimento debiti fuori bilancio per pagamento note specifiche all’Avv. A.V.”, nella sola parte in cui detto riconoscimento avveniva solo parzialmente, <>).
7.- Le spese seguono la soccombenza e, in parte compensate per la complessità della controversia, vengono liquidate in complessivi euro 1.000, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Seconda di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 682 del 2014 indicato in epigrafe, lo accoglie.
Condanna il Comune di Nardò al pagamento delle spese processuali che, parzialmente compensate, vengono liquidate in complessivi euro 1.000, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.





Tar Puglia, sez. II – Lecce, sentenza 30 luglio – 16 ottbre 2014, n. 2543
Presidente Trizzino – Estensore Rinaldi

Fatto

1. I ricorrenti, tutti avvocati della Provincia di Lecce, hanno impugnato il "Regolamento per la corresponsione dei compensi professionali all'Avvocatura provinciale", approvato con deliberazione della G.P. di Lecce n. 92/2012, con il quale la Giunta Provinciale ha, in varia guisa, ridotto il compenso accessorio loro spettante.
2. Ha resistito al gravame la Provincia di Lecce svolgendo articolate difese.
3. Con successivi motivi aggiunti i ricorrenti hanno impugnato il nuovo "Regolamento per la corresponsione dei compensi professionali all'Avvocatura provinciale", approvato lite pendente con deliberazione della G.P. di Lecce n. 67 del 19 marzo 2013, con il quale è stato abrogato il precedente Regolamento e sono stati introdotti nuovi criteri per la liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati provinciali, basati sulla distinzione tra sentenze favorevoli con spese a carico della controparte (per le quali il compenso spetta per intero) e sentenze favorevoli con spese compensate (per le quali il compenso è stato significativamente ridotto).
3.1. Oggetto d’impugnazione sono, in particolare, gli artt. 3, comma 6, 4, 5 e 6 del nuovo Regolamento dei quali si riporta qui di seguito il testo.
L’art. 3, rubricato “Condizione per l’attribuzione dei compensi” stabilisce, al comma 6, che: “Non verranno considerate "sentenze favorevoli" quei provvedimenti il cui esito favorevole del procedimento è dipeso dall'inerzia delle parti (estinzione del giudizio o perenzione ed altre formule analoghe, dalla cessazione della materia del contendere, da rinuncia agli atti, cancellazione dal ruolo o accordi transattivi etc.)”.
L'art. 4, sotto la rubrica"Misura dei compensi", dispone che:
- (comma 1) "Nel caso di spese compensate in tutto, ovvero con l'indicazione "nulla per legge” ovvero senza alcuna disposizione sulle spese, all’Avvocatura spetta un compenso pari alle competenze medie che scaturiscono dalla liquidazione per fasi di cui al D.M. n. 140/2012, ossia il valore medio di liquidazione con un abbattimento dell'80% . Nulla spetterà a titolo di spese generali”.
- (comma 3) “Nel caso di controversie contestualmente promosse dall'Amministrazione ovvero da soggetti diversi nei confronti della Provincia avverso il medesimo provvedimento, ancor più se implicanti la trattazione delle medesime questioni di fatto e di diritto (come, a puro titolo esemplificativo, l'impugnazione di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada), all'Avvocatura spetta il compenso, determinato secondo i criteri di cui ai commi 1 e 2, per una sola controversia aumentato del 10% per ciascuna delle ulteriori controversie”.
L'art. 5, rubricato “Incarichi congiunti", statuisce che “Per gli incarichi congiunti con professionisti esterni i compensi spettanti agli Avvocati interni, determinati secondo criteri del presente regolamento, sono ridotti del 60% nel caso di incarico congiunto con un solo professionista esterno, del 70% in caso di incarico congiunto con due o più professionisti esterni, dell’80% in caso di incarico congiunto con tre o più professionisti esterni, purché l'Avvocato dell'Ente abbia concorso, seppure in maniera marginale, alla redazione degli atti giudiziari ed all'attività connessa. Diversamente nulla sarà dovuto al professionista dell'Ente”
L’art. 6 ("Liquidazione compensi professionali") è impugnato nelle parti in cui dispone che:
- (comma 5) "Quanto al valore della causa esso verrà determinato tenuto conto del petitum, ai sensi dell’art. 10 c.p.c.: ove invece si tratti di giudizi aventi ad oggetto l'impugnazione di atti amministrativi, il giudizio verrà considerato di valore indeterminabile e i parametri di determinazione del compenso saranno quelli riferiti allo scaglione da e 50.001,00 a 100.000,00, con abbattimento dell'80%. Con riferimento alla materia dei pubblici appalti di lavori e/o servizi il valore economico si determinerà in relazione al 10% dell'importo a base d'asta".
- (comma 2) “I compensi professionali di cui al al comma 1 troveranno copertura nel fondo approvato unitamente al bilancio di previsione e saranno erogati con cadenza semestrale e suddivisi in parti uguali fra i professionisti dell'Ufficio Avvocatura iscritti nell'Albo speciale, nei limiti del fondo medesimo" .
A sostegno dell’impugnazione interposta gli istanti hanno dedotto plurimi vizi di violazione di legge (violazione degli artt. 7 e 8 L n. 241/1990, art. 36 Cost., art. 23 L. n. 247 del 2012, D.M. n. 140/2012, art. 1, comma 26, L. n. 228/2012 recante modifiche al D.P.R, n. 115/2002) ed eccesso di potere (illogicità manifesta, ingiustizia manifesta, contraddittorietà e irragionevolezza dell’azione amministrativa, ecc.).
4. L’Amministrazione ha replicato analiticamente alle censure avversarie chiedendo la reiezione del gravame.
5. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 9 luglio 2014 all’esito della discussione orale.

Diritto

1. Il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Il Regolamento provinciale sui compensi professionali, approvato in corso di causa a seguito dell’abolizione delle tariffe professionali e dell’introduzione dei Parametri, ha abrogato il precedente Regolamento del 29 maggio 2012, sterilizzandone l’efficacia non solo per il futuro, ma anche per il passato.
Con apposita norma transitoria si è, infatti, previsto che, per il futuro, cioè per tutti i giudizi definiti dopo l'entrata in vigore del D.M. n.140/2012, trovano applicazione i nuovi Parametri previsti dal D.M. n.140/12, mentre per il passato, cioè per i processi definiti con provvedimenti giurisdizionali pubblicati nel breve periodo di vigenza del Regolamento del 29 maggio 2012, i compensi professionali sono determinati secondo le precedenti tariffe professionali di cui al DM 8 aprile 2004 n. 127 (più favorevoli ai ricorrenti): ogni possibile pregiudizio ricollegabile al Regolamento del 29 maggio 2012, impugnato con il ricorso originario, è stato, dunque, eliso dalla norma transitoria.
2. I motivi aggiunti meritano solo parziale accoglimento.
Non sussiste il denunciato vizio di omessa comunicazione dell’avvio del procedimento in quanto, ex art 13 L. n. 241 del 1990, le disposizioni sulla partecipazione procedimentale non si applicano nei confronti dell'attività della P.A. diretta all’emanazione di atti normativi.
L'ARAN, con chiarimento RAL n.1049, ha inoltre osservato che “l'art.27 del CCNL del 14.09.2000 demanda alle autonome determinazioni degli Enti l'adozione di una disciplina specifica in materia di compensi professionali da corrispondere agli avvocati degli uffici di avvocatura formalmente costituiti presso gli stessi. Si tratta di una disciplina unilaterale dell'Ente, dato che non è previsto in alcun modo l'intervento della contrattazione integrativa. Questa è legittimata soltanto a determinare l'eventuale correlazione tra tali compensi e la retribuzione di risultato, nel caso si tratti di avvocati titolari di posizioni organizzativa”.
Risulta, in ogni caso, dagli atti di causa che la Provincia di Lecce ha avviato una procedura informativa e partecipata coinvolgendo tutte le O.O.S.S., come dimostra il fatto che la CGIL con nota prot. n.35195 del 10 aprile 2013 ha presentato osservazioni.
3. Vanno disattesi i motivi aggiunti con i quali i ricorrenti censurano la riduzione del compenso accessorio prevista dagli artt. 4, 5 e 6 del nuovo Regolamento.
Ai fini di una migliore comprensione delle questioni trattate e delle ragioni della decisione si reputa opportuno procedere a una breve ricostruzione della figura dell’avvocato-dipendente e del quadro giurisprudenziale di riferimento.
Com’è noto, l’avvocato dipendente di un ente pubblico è figura professionale ibrida, da sempre sospesa tra l’autonomia e la subordinazione, che coniuga in sé la qualità di professionista con quella di impiegato, relazionandosi costantemente con quello che è, al contempo, il proprio cliente, ma anche il suo datore di lavoro.
Questa duplicità di status (la cd. doppia identità dell’avvocato dipendente: da un lato professionista, dall’altro pubblico impiegato) si riflette anche sulla struttura del trattamento economico a lui spettante, normalmente composto, pur nella varietà delle situazioni, per una quota, dallo stipendio tabellare e dalle relative voci integrative e accessorie e, per altra quota, da compensi aggiuntivi correlati all’esito favorevole delle lite, di importo tendenzialmente variabile, ancorchè erogati con continuità (cd. propine).
Il trattamento economico accessorio del personale togato degli enti pubblici non è regolato in modo uniforme, riscontrandosi nella prassi significative divergenze tra le avvocature dei singoli enti. In alcuni casi l’Amministrazione riconosce ai propri difensori il diritto di recuperare solo parte (o tutto) degli onorari posti dal giudice a carico della controparte soccombente; in altri casi gli avvocati pubblici hanno, invece, il diritto di recuperare non solo detti onorari, ma anche le c.d. spese compensate, cioè una somma versatagli direttamente dall’Ente in caso di vittoria della controversia con spese non a carico della controparte. La corresponsione delle propine non è, tuttavia, un dato immancabile ravvisandosi nella galassia dei difensori degli enti pubblici, anche avvocati cui la parte datoriale riconosce solo un trattamento economico tabellare (la retribuzione ordinaria), talvolta maggiorato da incentivi legati a progetti di produttività, alla partecipazione a commissioni e simili.
Anche in giurisprudenza non è dato riscontrare uniformità di vedute sui criteri di determinazione dei compensi aggiuntivi dovuti agli avvocati degli enti pubblici e, prima ancora, sul diritto degli stessi a percepire le propine: la varietà delle posizioni pretorie è, per lo più, dovuta all’assenza di una regolamentazione unitaria e analitica della materia, disciplinata da norme elastiche contenute, a seconda dei casi, in leggi, contratti collettivi e regolamenti e caratterizzata, come visto, da prassi applicative spesso distanti e diversificate tra loro.
Un primo indirizzo, nell’evidenziare la specialità del personale togato rispetto agli altri impiegati pubblici, riconosce ai legali dipendenti di enti pubblici il diritto a un compenso accessorio e tende a calibrarlo sulle (vecchie) tariffe professionali: tale principio è stato ritenuto prevalente sulla stesso principio di omnicomprensività della retribuzione, tradizionalmente sancito in materia di lavoro pubblico dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva.
Costituisce espressione di quest’orientamento Cons. Stato, sez. IV, 31-03-1989, n. 202 secondo cui “Considerato il loro particolare duplice status di professionisti e di pubblici dipendenti, agli appartenenti agli uffici legali degli enti pubblici non può essere negata la corresponsione di un compenso che, rispondendo al carattere delle loro prestazioni (in ciò del tutto differenziate da quelle degli altri dipendenti dell'ente), ne riconosce la natura professionale e non viola il principio dell'onnicomprensività della retribuzione sancito dall'art. 31, d.p.r. 25 giugno 1983, n. 347; tale diritto, che trova la sua fonte normativa primaria nell'art. 3, 4º comma, lett. b) e 57, r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, non può essere eluso da un atto normativo di carattere secondario - quale è il decreto presidenziale che in base alla legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93 - recepisce gli accordi contrattuali - stipulati con le organizzazioni sindacali e deve opportunamente essere valorizzato dagli enti pubblici (compresi gli enti locali) mediante integrazione della normale retribuzione spettante al dipendente-professionista con un emolumento aggiuntivo suscettibile di rivalutazione secondo gli indici Istat”.
Nello stesso senso si era già espresso T.a.r. Abruzzo, 07- 09-1983, n. 252 ad avviso del quale “I componenti degli uffici legali degli enti locali, col duplice status di professionisti iscritti all'albo speciale previsto dall'art. 3 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, tenuti al rispetto dei doveri propri di tutti gli esercenti la professione forense, e di pubblici dipendenti con i diritti e doveri che ne derivano, svolgono funzioni assolutamente non riducibili a quelle dei normali dipendenti investiti di funzioni burocratiche ed amministrative; ciò spiega il diritto dei soggetti menzionati a percepire, oltre alla normale retribuzione, le compartecipazioni agli onorari ed alle altre indennità di avvocato espressamente riconosciute dalle norme contenute nell'art. 57 r.d.l. n. 1578 cit., che, per il suo valore formale di legge, non può considerarsi abrogata dalla disposizione regolamentare contenuta nell'art. 19 d.p.r. 1º giugno 1979, n. 191 relativa all'onnicomprensività della retribuzione prevista per i dipendenti dagli enti locali”.
Anche per Cons. Stato, sez. IV, 14 settembre 1989, n. 581 “Gli avvocati e procuratori addetti agli uffici legali degli enti pubblici, hanno diritto agli onorari di giudizio liquidati a favore dell'ente per l'attività difensionale svolta, per effetto degli art. 3, 4º comma, lett. b) e 57, r.d.l. 27 40 novembre 1933, n. 1578 (c. d. legge professionale forense)”.
Un diverso indirizzo giurisprudenziale tende, invece, ad assimilare gli avvocati-dipendenti agli altri pubblici impiegati, attribuendo priorità assoluta alla disciplina speciale del rapporto di impiego e negando loro il diritto a ricevere un compenso aggiuntivo che tenga conto della particolare natura dell’attività svolta.
Sono riconducibili a questo filone interpretativo alcune pronunce del giudice amministrativo e del giudice ordinario e, soprattutto, una decisione della Corte Costituzionale.
Secondo T.a.r. Piemonte, sez. I, 10 febbraio 1984, n. 22 “L'art. 57 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella l. 22 gennaio 1934, n. 36, avente ad oggetto l'ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore, nell'attribuire il diritto agli onorari ed alle altre indennità agli avvocati e procuratori, non distingue tra gli appartenenti al foro libero e gli avvocati e procuratori iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo di cui all'art. 3 4º comma lett. b) r.d.l. cit.; peraltro, non può ritenersi che tale norma attribuisce agli avvocati e procuratori comunali il diritto a percepire i suddetti compensi, atteso che la disciplina degli onorari è contenuto negli art. 2230 e segg. c.c., relativi al contratto d'opera intellettuale e nelle numerose leggi speciali promulgate in materia”.
Cons. Stato, sez. V, 26-10-1984, n. 76 ha ritenuto che “L'art. 3 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, nel riconoscere la possibilità a taluni dipendenti di ente pubblici muniti dell'apposito titolo professionale di svolgere attività forense nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza, non sancisce anche il loro diritto a percepire i relativi onorari, ma esaurisce la sua portata nell'introdurre una deroga al principio generale dell'incompatibilità dell'esercizio della professione forense con l'esercizio di altra professione e con qualsiasi impiego pubblico o privato retribuito”.
Cass. Sez. Lav., 8 agosto 2006, n. 17941 ha affermato che “Nessuna norma impone la corresponsione di onorari e competenze professionali da parte di enti pubblici i quali si avvalgono dell'attività dei propri uffici legali attraverso avvocati legati da rapporto di pubblico impiego, salvo che esista una disposizione amministrativa o una clausola contrattuale in tal senso. Deve pertanto ritenersi che, in assenza di specifica disciplina, un dipendente di un ente pubblico con mansioni di dirigente che svolga abitualmente, per espressa previsione contrattuale, anche l'attività di difesa in giudizio dell'ente, non abbia diritto a percepire, oltre alla normale retribuzione, anche onorari e competenze per l'attività professionale svolta”.
Corte Cost., sentenza 10 giugno1988, n. 624 ha dichiarato “infondate le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli art. 3, 36, 97 e 117 cost., degli art. 3 e 10, l. reg. Campania 17 marzo 1981, 42 n. 12 e della tabella C allegata, che non prevedono, per gli avvocati e procuratori dipendenti dalla regione Campania, un trattamento giuridico ed economico diversificato rispetto a quello degli impiegati amministrativi né un ruolo professionale distinto né una diversità di trattamento fra avvocati e procuratori”.
3.1. Ciò premesso in termini generali può ora procedersi allo scrutinio delle specifiche questioni che formano oggetto del presente giudizio, il cui cuore pulsante è costituito dalla verifica della legittimità della previsione regolamentare che, per l’ipotesi di vittoria della causa con spese totalmente compensate, ha previsto che “all’Avvocatura spetta un compenso pari alle competenze medie che scaturiscono dalla liquidazione per fasi di cui al D.M. n. 140/2012, ossia il valore medio di liquidazione con un abbattimento dell'80%. Nulla spetterà a titolo di spese generali” (art. 4, comma 1, Reg.).
Nell’affrontare la questione occorre muovere dall’individuazione delle fonti che disciplinano i compensi aggiuntivi spettanti agli avvocati provinciali.
La materia è attualmente disciplinata dall’art 27 del CCNL Comparto Regioni-Enti locali, del 14 settembre 2000, e dall'art. 37, del CCNL 1998-2001 del medesimo comparto per la Dirigenza, di analogo tenore, secondo il quale: «gli enti locali provvisti di avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all'ente, secondo i principi di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 e disciplinano, altresì, in sede di contrattazione decentrata integrativa la correlazione tra tali compensi professionali e la retribuzione di risultato di cui all'art. 10 del Ccnl del 31 marzo 1999 (n.d.r. per i titolari di posizione organizzativa)», ovvero, mutatis mutandis, per la dirigenza, «valutando l'eventuale esclusione, totale o parziale, dei dirigenti interessati dalla erogazione della retribuzione di risultato».
Entrambe le disposizioni contrattuali, all'ultimo capoverso, dispongono che «Sono fatti salvi gli effetti degli atti con i quali gli stessi enti abbiano applicato la disciplina vigente per l'Avvocatura dello Stato anche prima della stipulazione del presente Ccnl».
Il contratto collettivo applicato rimette, dunque, al Regolamento – e quindi alla scelta di autonomia del singolo ente – la concreta disciplina dei compensi aggiuntivi spettanti agli avvocati provinciali, con il solo limite del rispetto dei “principi” dettati dalla legge forense, che, nel testo attualmente vigente (art. 23 L. n. 247 del 2012), sancisce il diritto degli avvocati dipendenti degli enti pubblici a un “trattamento economico adeguato alla funzione svolta”.
Ciò posto, reputa il Collegio che il giudizio circa l’adeguatezza delle singole voci di cui si compone il compenso accessorio riconosciuto all’avvocato provinciale debba essere formulato all’esito di una valutazione sincretica, che tenga conto di tutti gli emolumenti in cui si articola il trattamento economico corrisposto dall’ente al personale togato.
Nel caso di specie dall’esame del CCNL applicato e del Regolamento attuativo-integrativo risulta che:
- resta fermo il diritto dell’avvocato provinciale a ricevere lo stipendio tabellare e gli altri emolumenti (indennità integrative o accessorie) connessi alla stipula di un contratto di lavoro subordinato;
- le propine continuano ad essere corrisposte per intero nel caso di vittoria della causa con spese poste a carico della parte soccombente;
- in caso di sentenza favorevole con parziale compensazione delle spese di lite è riconosciuta all'Avvocatura provinciale l'intera quota posta a carico della parte soccombente, al netto delle spese borsuali, nonché il 20% della quota parte su cui è caduta la compensazione;
- la riduzione dei compensi in caso di vittoria della causa con spese totalmente compensate (somme che, non essendo poste a carico della controparte, restano a carico dell’ente) è stata calcolata dalla Provincia non sulla base dei valori minimi, ma dei “valori medi” di liquidazione previsti dal D.M. n. 140 del 2012: l’abbattimento, disposto in misura pari all’80% del valore medio di liquidazione, pur significativo, non si discosta di molto da quello contemplato come possibile dalla Tabella A allegata allo stesso D.M. n. 140 del 2012, che in numerosi casi consente al giudice, per le varie fasi in cui è idealmente scomponibile il processo e in relazione ai vari scaglioni, di diminuire il compenso dell’avvocato in una forbice ricompresa tra il 50 e il 70% dei valori medi suggeriti dai Parametri Ministeriali (nelle cause di competenza del giudice di pace, relativamente alla fase istruttoria, l’abbattimento può raggiungere anche la soglia dell’80% dei valori medi).
E’ opinione del Tribunale che le descritte modalità di determinazione del compenso complessivamente spettante al personale togato, seppur peggiorative rispetto al precedente assetto, non ledano il principio della retribuzione sufficiente (art. 36 Cost.) nè il diritto degli avvocati provinciali a ricevere un trattamento economico “adeguato” alla funzione professionale svolta (art. 23 L. n.247 del 2012): l’abbattimento delle propine disposto dall’art. 4, comma 1, del Regolamento per il caso di sentenze favorevoli all’ente con compensazione totale delle spese di lite – valutato non atomisticamente, ma in uno alle altre componenti in cui si articola il trattamento economico complessivo dei ricorrenti – non appare affetto da profili di manifesta illogicità e/o ingiustizia né si pone in contrasto con il CCNL applicato e con l’art. 45 del D.lvo n. 165/2001.
Il CCNL applicato, infatti, nel regolare la materia dei compensi variabili, non rinvia tout court alla legge forense, ma ne richiama solo i “principi” (“secondo i principi di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578”), rimettendo all’autonomia regolamentare dell’ente la disciplina di dettaglio: ciò significa che, nel disciplinare la materia delle propine dovute al personale togato - i regolamenti dei singoli enti pubblici conservano uno spazio di libertà in ordine al quantum debeatur e possono discostarsi, anche in peius, dalla disciplina applicabile agli avvocati del libero foro.
La posizione degli avvocati dipendenti degli enti pubblici non può, del resto, essere equiparata a quella degli avvocati del libero foro, in quanto solo questi ultimi operano sul mercato in concorrenza tra loro, sopportano i costi e il rischio economico dell’attività svolta e non godono di alcuna retribuzione base.
L’avvocato dipendente di un ente pubblico, viceversa, può contare su un’adeguata base retributiva, riceve regolarmente gli affari legali dal proprio cliente-datore di lavoro e non sopporta né i costi né il rischio economico dell’attività svolta (cfr. Corte dei Conti, Sez. reg. Basilicata delibera n. 2/2010 che, nel richiamare Cons. St., Sez. IV, 12.3.1992, n. 272, il R.D. n. 1578 del 1933, osserva che “i decreti ministeriali che approvano le tariffe professionali forensi disciplinano esclusivamente l’ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore e i rapporti di prestazioni professionali instaurati con liberi professionisti, nell’ambito del rapporto privatistico di lavoro autonomo, e non possono trovare alcuna applicazione diretta o indiretta in materia di pubblico impiego. Nessun argomento può trarsi dal disposto dell’art. 3, quarto comma lett. B) R.D. cit., che consente in via eccezionale l’iscrizione dei dipendenti addetti agli uffici legali istituiti presso gli enti pubblici in un apposito elenco speciale annesso all’albo professionale, poiché la norma disciplina l’esercizio dell’attività professionale e non è diretta in alcun modo a regolare il rapporto di pubblico impiego. Come ha rilevato anche la Corte Costituzionale…, le cui osservazioni vanno pienamente condivise, radicale è la differenza tra la posizione del libero professionista, che svolge la sua attività senza alcun vincolo organizzativo e con esposizione al rischio economico connesso ad una libera attività economica, e lo status di pubblico dipendente, assunto e retribuito proprio per lo svolgimento dell’attività professionale in questione con esenzione,peraltro, da ogni rischio economico”).
La tesi sostenuta dai ricorrenti circa l’obbligo dell’Amministrazione di corrispondere ai propri legali, in aggiunta allo stipendio tabellare e alle indennità integrative o accessorie, un compenso variabile commisurato a quello indicato nei Parametri Ministeriali di cui al D.M. n. 140/2012 non può, in ogni caso, essere accolta per la decisiva ragione che detti Parametri si applicano solo alla “liquidazione giudiziale” ovvero ai compensi liquidati dal giudice a favore del professionista in mancanza di accordo tra le parti. Essi, inoltre, lungi dall’essere rigidi e vincolanti, hanno soltanto una funzione orientativa: il loro compito è, appunto, quello di orientare il giudice, senza alcun vincolo e con esclusione di ogni inderogabilità minima e massima delle soglie individuate (in ciò sta la distinzione tra «parametro» e «tariffa»), nella liquidazione dei compensi spettanti al difensore in mancanza di un previo accordo con il cliente ex art. 2233 c.c.
Anche il filone giurisprudenzale che considera indefettibile la corresponsione di compensi aggiuntivi alla retribuzione tabellare, in considerazione del doppio status rivestito dagli avvocati-dipendenti, ha, del resto, sempre rimesso all’Amministrazione le modalità di determinazione del quantum e del quando del compenso accessorio, circoscrivendone il nucleo di irriducibilità alle sole cause vinte con spese di lite poste a carico della controparte soccombente (T.a.r. Sicilia, sez. III, Catania, 16-02-1993, n. 90 “Pur essendo rimesse all'amministrazione le modalità di determinazione del quantum e del quando, gli appartenenti al ruolo professionale dei legali delle USL hanno diritto ai compensi (indennità ed onorari) derivanti da cause dagli stessi vinte, così come previsto per avvocati e procuratori degli enti pubblici iscritti all'albo speciale”; T.a.r. Piemonte, sez. I, 10 febbraio 1984, n. 22 “ I componenti degli uffici legali degli enti pubblici rivestono il duplice status di professionisti iscritti all'albo speciale previsto dall'art. 3 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 e tenuti al rispetto dei doveri propri di tutti gli esercenti la professione forense, e di pubblici dipendenti, con i diritti e i doveri che ne derivano; pertanto, agli avvocati e procuratori comunali deve essere riconosciuto un compenso particolare per l'attività forense svolta, di ammontare adeguato alla particolare natura delle funzioni espletate, relativamente agli onorari compresi nelle spese dei giudizi che le parti soccombenti devono rimborsare all'ente pubblico”).
Va, infine, aggiunto che la riduzione dei compensi aggiuntivi dovuti agli avvocati della provincia di Lecce per l’ipotesi di sentenze favorevoli con compensazione totale delle spese di lite - somme che, non essendo poste a carico della controparte, restano a carico dell’ente - non costituisce una misura finanziaria isolata o extravagante, ma si inserisce in un trend di politica legislativa teso al contenimento della spesa pubblica (cfr. art. 1, comma 457 della L. n. 147 del 2013; art. 9 del D.L. n. 90 del 2014) e basato sulla considerazione che il pagamento dei compensi professionali agli avvocati interni di enti pubblici, nel caso di controversie definite con sentenze favorevoli per l'ente con compensazione totale delle spese legali, non rispettando il requisito dell' autoalimentazione, incide sugli equilibri di bilancio dell'ente e, pertanto, è assoggettato ai vincoli dettati dall'art.1, comma 557, della legge n.296/2006 e dall'art.9, comma 2 bis, della legge n.122/2010 (Deliberazione n.51/contr/2011 della Corte dei Conti Sezioni Riunite; deliberazione n.3/2012 Corte dei Conti — Sez. reg.dell'Umbria; Nota Ragioneria Generale dello Stato prot.72010 del 4 settembre 2013).
Alla luce delle suesposte considerazioni la previsione regolamentare (art 4 comma 1 Reg.) che, riempiendo lo spazio bianco lasciatogli dal CCNL applicato, ha previsto che le propine spettanti agli avvocati provinciali in caso di vittoria della lite con spese compensate siano ridotte dell’80% rispetto ai valori medi (non minimi) previsti dal D.M. n. 140 del 2012 appare immune dai dedotti vizi di legittimità.
3.2. Per le stesse ragioni che hanno indotto il Collegio a “salvare” l’art. 4, comma 1, del Regolamento - peculiare status dell’avvocato dipendente di un ente pubblico; correlata necessità di operare una valutazione complessiva e non atomistica delle varie voci in cui si frammenta il trattamento economico riconosciutogli; non necessaria conformità tra i criteri previsti dal D.M. n. 140/12, per la “liquidazione giudiziale” dei compensi e quelli stabiliti dalle norme interne della P.A. per la liquidazione delle propine; valore meramente orientativo dei Parametri Ministeriali, con possibilità di cospicui abbattimenti ad opera del giudice; esigenza di salvaguardia degli equilibri di bilancio degli enti pubblici – vanno disattese le censure mosse dai ricorrenti all’art. 6, comma 5, laddove ha previsto che nelle cause aventi ad oggetto l'impugnazione di atti amministrativi “il giudizio verrà considerato di valore indeterminabile e i parametri di determinazione del compenso saranno quelli riferiti allo scaglione da e 50.001,00 a 100.000,00, con abbattimento dell'80%. Con riferimento alla materia dei pubblici appalti di lavori e/o servizi il valore economico si determinerà in relazione al 10% dell'importo a base d'asta". Non vi è, infatti, necessaria omogeneità tra i criteri di determinazione del valore della causa previsti dal D.M. n. 140/12 e/o dalla normativa sul contributo unificato in materia di appalti e i criteri utilizzati dagli enti pubblici per stabilire la base di calcolo delle propine spettanti ai propri legali.
3.3. La riduzione dei compensi spettanti agli avvocati provinciali in caso di incarichi congiunti prevista dall’art. 5 del Regolamento (“Per gli incarichi congiunti con professionisti esterni i compensi spettanti agli Avvocati interni, determinati secondo criteri del presente regolamento, sono ridotti del 60% nel caso di incarico congiunto con un solo professionista esterno, del 70% in caso di incarico congiunto con due o più professionisti esterni, dell’80% in caso di incarico congiunto con tre o più professionisti esterni, purché l'Avvocato dell'Ente abbia concorso, seppure in maniera marginale, alla redazione degli atti giudiziari ed all'attività connessa. Diversamente nulla sarà dovuto al professionista dell'Ente”) si giustifica – oltre che per le motivazioni esposte ai par. 3.1. e 3.2, estensibili anche a questa fattispecie – in base alla considerazione che l’incarico esterno (conferito cioè a un avvocato del libero foro) è fattispecie eccezionale, in quanto derogatoria del principio generale secondo cui la P.A. deve provvedere allo svolgimento delle proprie funzioni a mezzo del personale di cui dispone. L’ente può ricorrere a professionisti esterni solo in situazioni di carattere eccezionale, ad es. ove non disponga al proprio interno di professionalità adeguate alla trattazione del singolo affare, nelle quali l’apporto del legale interno si risolve in una collaborazione marginale o non particolarmente titolata (cfr. Tar Lecce, Sez. III. Sent. n. 1847/2010).
3.4. La previsione contenuta nell’art. 4, comma 3, del Regolamento (“Nel caso di controversie contestualmente promosse dall'Amministrazione ovvero da soggetti diversi nei confronti della Provincia avverso il medesimo provvedimento, ancor più se implicanti la trattazione delle medesime questioni di fatto e di diritto (come, a puro titolo esemplificativo, l'impugnazione di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada), all'Avvocatura spetta il compenso, determinato secondo i criteri di cui ai commi 1 e 2, per una sola controversia aumentato del 10% per ciascuna delle ulteriori controversie”) si giustifica - oltre che per le generali motivazioni esposte ai par. 3.1. e 3.2 - in base alla considerazione che nella fattispecie regolata (pluralità di cause contestualmente promosse avverso un unico provvedimento) si è in presenza di vertenze seriali o, comunque, connesse e dunque suscettibili di essere riunite, divenendo così una causa unica: la pluralità di cause è, in altri termini, soltanto formale, non sostanziale.
3.5. Il motivo di gravame proposto avverso l’art 6, comma 2, del Regolamento ( “I compensi professionali di cui al comma 1 troveranno copertura nel fondo approvato unitamente al bilancio di previsione e saranno erogati con cadenza semestrale e suddivisi in parti uguali fra i professionisti dell'Ufficio Avvocatura iscritti nell'Albo speciale, nei limiti del fondo medesimo") va dichiarato inammissibile perché formulato in via generica ed ipotetica (la norma viene censurata perché equivoca e ove interpretata nel senso che in caso d’incapienza del fondo nulla spetterebbe ai legali a titolo di compenso: pag 10 motivi aggiunti) e comunque per difetto di attualità della lesione (il fondo non risulta allo stato incapiente).
4. Meritano, invece, accoglimento le censure proposte avverso l’art. 3, comma 6, del Regolamento laddove statuisce che “Non verranno considerate "sentenze favorevoli" quei provvedimenti il cui esito favorevole del procedimento è dipeso dall'inerzia delle parti (estinzione del giudizio o perenzione ed altre formule analoghe), dalla cessazione della materia del contendere, da rinuncia agli atti, cancellazione dal ruolo o accordi transattivi etc.)”.
La norma si pone in contrasto con gli artt. 27 del CCNL 14.09.2000 e 37 del C.C.N.L. Area dirigenziale 1998/2001 e, dunque, con l’art. 45 del D.lvo n. 165/2001 (“Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti …trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi”) per le ragioni di seguito indicate.
Il contratto collettivo (“gli enti locali provvisti di avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all'ente, secondo i principi di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578”) non contiene alcuna limitazione della nozione di “sentenza favorevole” né rimette la sua specificazione al Regolamento.
La nozione di “sentenza favorevole all’Ente” mal si presta a generalizzazioni o distinzioni categoriali, potendo desumersi solo dal raffronto tra conclusioni e dispositivo effettuato con riguardo agli atti del singolo processo.
Le ragioni che possono condurre ad uno degli epiloghi processuali che, secondo il Regolamento, non danno diritto alle propine sono molteplici e normalmente dipendenti da fattori del tutto estranei rispetto alla modalità di svolgimento dell’attività professionale degli avvocati interni: nella maggior parte dei casi contemplati dalla norma regolamentare l’ente pubblico consegue, inoltre, un vantaggio dalla definizione del processo con una delle suddette formule.
Gli accordi transattivi comportano sempre un vantaggio per l'ente in relazione alle pretese originariamente azionate dalla controparte: essi sono deliberati dagli organi di vertice della Provincia nell'esercizio di facoltà discrezionali che, alle volte, rispondono a valutazioni che esulano dalla disponibilità e competenze dell'Avvocatura, la quale però, secondo il Regolamento, verrebbe a subirne conseguenze pregiudizievoli in termini di mancata percezione del compenso.
Anche le pronunce con cui si dichiara l’estinzione del giudizio per perenzione, rinuncia al ricorso o altro (es. inattività delle parti per mancata prosecuzione o riassunzione del processo sospeso o interrotto) comportano sempre una definizione della vertenza in senso favorevole all’Amministrazione, poiché accomunate dalla circostanza che, in tali casi, il ricorrente ha desistito dal ricorso. Dette pronunce di rito presuppongono, inoltre, l'espletamento di un'attività da parte del legale dell'ente e nulla esclude che la scelta del privato di non coltivare il giudizio sino a lasciarlo estinguere, sia diretta conseguenza proprio dell'attività difensiva posta in essere dall'avvocatura pubblica, sicché, escludere in detti casi, il diritto al compenso accessorio appare irragionevole e contraddittorio, oltre che in contrasto con la norme collettive e, dunque, con l’art. 45 del D.lvo n. 165/2001.
La stessa pronuncia di cessazione della materia del contendere, che si ha quando nel corso del giudizio l’Amministrazione provvede in senso favorevole al ricorrente (ad es. rilasciando il provvedimento originariamente negato o ritirando in autotutela l’atto impugnato) presuppone, il più delle volte, l'espletamento di una consulenza legale da parte del difensore dell'ente e può finanche arrecare un vantaggio economico alla P.A., ad es. escludendo o limitando una sua possibile condanna al pagamento delle spese di lite o al risarcimento del danno (il vantaggio per l’Amministrazione è in tal caso indiretto e si apprezza sotto forma di risparmio di spesa): la sua indiscriminata sottrazione dal diritto a ogni forma di compenso accessorio appare, pertanto, irragionevole.
Entro questi ristretti limiti i motivi aggiunti meritano accoglimento.
5. Le spese processuali possono essere compensate in ragione della difficoltà e problematicità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda, definitivamente pronunciando, dichiara improcedibile il ricorso introduttivo; accoglie i motivi aggiunti nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla l’art. 3, comma 6, del Regolamento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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Jobs Act. Il testo integrale della legge approvata al Senato.

26/10/2014

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Testo

Gli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 6 sono sostituiti dal seguente:
ART. 1
(Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonchè in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro)

1. Allo scopo di assicurare, in caso di disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, di razionalizzare la normativa in materia di integrazione salariale e di favorire il coinvolgimento attivo di quanti siano espulsi dal mercato del lavoro ovvero siano beneficiari di ammortizzatori sociali, semplificando le procedure amministrative e riducendo gli oneri non salariali del lavoro, il Governo │ delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali, tenuto conto delle peculiarità dei diversi settori produttivi.

2. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene, rispettivamente, ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) con riferimento agli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro:
1) impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali in caso di cessazione di attività aziendale o di un ramo di essa;
2) semplificazione delle procedure burocratiche attraverso l’incentivazione di strumenti telematici e digitali, considerando anche la possibilità di introdurre meccanismi standardizzati di concessione prevedendo strumenti certi ed esigibili;
3) necessità di regolare l’accesso alla cassa integrazione guadagni solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro, eventualmente destinando una parte delle risorse attribuite alla cassa integrazione a favore dei contratti di solidarietà;
4) revisione dei limiti di durata da rapportare al numero massimo di ore ordinarie lavorabili nel periodo di intervento della cassa integrazione guadagni ordinaria e della cassa integrazione guadagni straordinaria e individuazione dei meccanismi di incentivazione della rotazione;
5) previsione di una maggiore compartecipazione da parte delle imprese utilizzatrici;
6) riduzione degli oneri contributivi ordinari e rimodulazione degli stessi tra i settori in funzione dell’utilizzo effettivo;
7) revisione dell’ambito di applicazione della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria e dei fondi di solidarietà di cui all’articolo 3 della legge 28 giugno 2012, n. 92, fissando un termine certo per l’avvio dei fondi medesimi e previsione della possibilità di vincolare destinare gli eventuali risparmi di spesa derivanti dall’attuazione delle disposizioni di cui alla presente lettera al finanziamento delle disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4;
8) revisione dell’ambito di applicazione e delle regole di funzionamento dei contratti di solidarietà, con particolare riferimento all’articolo 2 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, nonchè alla messa a regime dei contratti di solidarietà di cui all’articolo 5, commi 5 e 8, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236;
b) con riferimento agli strumenti di sostegno in caso di disoccupazione involontaria:
1) rimodulazione dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), con omogeneizzazione della disciplina relativa ai trattamenti ordinari e ai trattamenti brevi, rapportando la durata dei trattamenti alla pregressa storia contributiva del lavoratore;
2) incremento della durata massima per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti;
3) universalizzazione del campo di applicazione dell’ASpI, con estensione ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e con l’esclusione degli amministratori e sindaci, mediante l’abrogazione degli attuali strumenti di sostegno del reddito, l’eventuale modifica delle modalità di accreditamento dei contributi e l’automaticità delle prestazioni, e prevedendo, prima dell’entrata a regime, un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite;
4) introduzione di massimali in relazione alla contribuzione figurativa;
5) eventuale introduzione, dopo la fruizione dell’ASpI, di una prestazione, eventualmente priva di copertura figurativa, limitata ai lavoratori, in disoccupazione involontaria, che presentino valori ridotti dell’indicatore della situazione economica equivalente, con previsione di obblighi di partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti;
6) eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l’accesso a servizi di carattere assistenziale;
c) con riferimento agli strumenti di cui alle lettere a) e b), individuazione di meccanismi che prevedano un coinvolgimento attivo del soggetto beneficiario dei trattamenti di cui alle lettere a) e b), al fine di favorirne l’attività a beneficio delle comunità locali, tenuto conto della finalità di incentivare la ricerca attiva di una nuova occupazione da parte del medesimo soggetto secondo percorsi personalizzati, con modalit¢ che non determinino aspettative di accesso agevolato alle amministrazioni pubbliche;
d) adeguamento delle sanzioni e delle relative modalità di applicazione, in funzione della migliore effettività, secondo criteri oggettivi e uniformi, nei confronti del lavoratore beneficiario di sostegno al reddito che non si rende disponibile ad una nuova occupazione, a programmi di formazione o alle attività a beneficio di comunità locali di cui alla lettera c).

3. Allo scopo di garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro su tutto il territorio nazionale, nonchè di assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative, il Governo │ delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto, per i profili di rispettiva competenza, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive. In mancanza dell’intesa nel termine di cui all’articolo 3 del citato decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Consiglio dei ministri provvede con deliberazione motivata ai sensi del medesimo articolo 3. Le disposizioni del presente comma e quelle dei decreti legislativi emanati in attuazione dello stesso si applicano nelle province autonome di Trento e di Bolzano in conformità a quanto previsto dallo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione nonchè dal decreto legislativo 21 settembre 1995, n. 430.

4. Nell’esercizio della delega di cui al comma 3 il Governo si attiene ai seguenti princ↓pi e criteri direttivi:
a) razionalizzazione degli incentivi all’assunzione esistenti, da collegare alle caratteristiche osservabili per le quali l’analisi statistica evidenzi una minore probabilità di trovare occupazione, e a criteri di valutazione e di verifica dell’efficacia e dell’impatto;
b) razionalizzazione degli incentivi per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità, con la previsione di una cornice giuridica nazionale volta a costituire il punto di riferimento anche per gli interventi posti in essere da regioni e province autonome;
c) istituzione, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di un’Agenzia nazionale per l’occupazione, di seguito denominata “Agenzia”, partecipata da Stato, regioni e province autonome, vigilata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al cui funzionamento si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali gi¢ disponibili a legislazione vigente e mediante quanto previsto dalla lettera f);
d) coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle linee di indirizzo generali dell’azione dell’Agenzia;
e) attribuzione all’Agenzia di competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego, politiche attive e ASpI;
f) razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali allo scopo di aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa, mediante l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente;
g) razionalizzazione e revisione delle procedure e degli adempimenti in materia di inserimento mirato delle persone con disabilit¢ di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, e degli altri soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio, al fine di favorirne l’inserimento e l’integrazione nel mercato del lavoro;
h) possibilità di far confluire, in via prioritaria, nei ruoli delle amministrazioni vigilanti o dell’Agenzia il personale proveniente dalle amministrazioni o uffici soppressi o riorganizzati in attuazione della lettera f) nonchè di altre amministrazioni;
i) individuazione del comparto contrattuale del personale dell’Agenzia con modalità tali da garantire l’invarianza di oneri per la finanza pubblica;
l) determinazione della dotazione organica di fatto dell’Agenzia attraverso la corrispondente riduzione delle posizioni presenti nella pianta organica di fatto delle amministrazioni di provenienza del personale ricollocato presso l’Agenzia medesima;
m) rafforzamento delle funzioni di monitoraggio e valutazione delle politiche e dei servizi;
n) valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati, al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, prevedendo, a tal fine, la definizione dei criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti che operano sul mercato del lavoro e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego;
o) valorizzazione della bilateralità attraverso il riordino della disciplina vigente in materia, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, flessibilità e prossimità anche al fine di definire un sistema di monitoraggio e controllo sui risultati dei servizi di welfare erogati;
p) introduzione di princìpi di politica attiva del lavoro che prevedano la promozione di un collegamento tra misure di sostegno al reddito della persona inoccupata o disoccupata e misure volte al suo inserimento nel tessuto produttivo, anche attraverso la conclusione di accordi per la ricollocazione che vedano come parte le agenzie per il lavoro o altri operatori accreditati, con obbligo di presa in carico, e la previsione di adeguati strumenti e forme di remunerazione, proporzionate alla difficoltà di collocamento, a fronte dell’effettivo inserimento almeno per un congruo periodo, a carico di fondi regionali a ci￲ destinati, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica statale o regionale;
q) introduzione di modelli sperimentali, che prevedano l’utilizzo di strumenti per incentivare il collocamento dei soggetti in cerca di lavoro e che tengano anche conto delle buone pratiche realizzate a livello regionale;
r) previsione di meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), sia a livello centrale che a livello territoriale;
s) previsione di meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e gli enti che, a livello centrale e territoriale, esercitano competenze in materia di incentivi all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità;
t) attribuzione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali delle competenze in materia di verifica e controllo del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantite su tutto il territorio nazionale;
u) mantenimento in capo alle regioni e alle province autonome delle competenze in materia di programmazione di politiche attive del lavoro;
v) attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso dal mercato del lavoro o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione, secondo percorsi personalizzati, anche mediante l’adozione di strumenti di segmentazione dell’utenza basati sull’osservazione statistica;
z) valorizzazione del sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro e il monitoraggio delle prestazioni erogate, anche attraverso l’istituzione del fascicolo elettronico unico contenente le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche ed ai versamenti contributivi;
aa) integrazione del sistema informativo di cui alla lettera z) con la raccolta sistematica dei dati disponibili nel collocamento mirato nonchè di dati relativi alle buone pratiche di inclusione lavorativa delle persone con disabilità e agli ausili ed adattamenti utilizzati sui luoghi di lavoro;
bb) semplificazione amministrativa in materia di lavoro e politiche attive, con l’impiego delle tecnologie informatiche, secondo le regole tecniche in materia di interoperabilit¢ e scambio dei dati definite dal codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, allo scopo di rafforzare l’azione dei servizi pubblici nella gestione delle politiche attive e favorire la cooperazione con i servizi privati, anche mediante la previsione di strumenti atti a favorire il conferimento al sistema nazionale per l’impiego delle informazioni relative ai posti di lavoro vacanti.

5. Allo scopo di conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro nonch← in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, il Governo │ delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, uno o pi decreti legislativi contenenti disposizioni di semplificazione e razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese.

6. Nell’esercizio della delega di cui al comma 5 il Governo si attiene ai seguenti princ↓pi e criteri direttivi:
a) razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti, anche mediante abrogazione di norme, connessi con la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro, con l’obiettivo di dimezzare il numero di atti di gestione del medesimo rapporto, di carattere amministrativo;
b) eliminazione e semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo, delle norme interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi;
c) unificazione delle comunicazioni alle pubbliche amministrazioni per i medesimi eventi e obbligo delle stesse amministrazioni di trasmetterle alle altre amministrazioni competenti;
d) introduzione del divieto per le pubbliche amministrazioni di richiedere dati dei quali esse sono in possesso;
e) rafforzamento del sistema di trasmissione delle comunicazioni in via telematica e abolizione della tenuta di documenti cartacei;
f) revisione del regime delle sanzioni, tenendo conto dell’eventuale natura formale della violazione, in modo da favorire l’immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita, nonch← valorizzazione degli istituti di tipo premiale;
g) previsione di modalit¢ semplificate per garantire data certa nonch← l’autenticit¢ della manifestazione di volont¢ del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, anche tenuto conto della necessit¢ di assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso del lavoratore;
h) individuazione di modalit¢ organizzative e gestionali che consentano di svolgere esclusivamente in via telematica tutti gli adempimenti di carattere amministrativo connessi con la costituzione, la gestione e la cessazione del rapporto di lavoro;
i) revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, in un’ottica di integrazione nell’ambito della dorsale informativa di cui all’articolo 4, comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e della banca dati delle politiche attive e passive del lavoro di cui all’articolo 8 del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99;
l) promozione del principio di legalit¢ e priorit¢ delle politiche volte a prevenire e scoraggiare il lavoro sommerso in tutte le sue forme ai sensi delle risoluzioni del Parlamento europeo del 9 ottobre 2008 sul rafforzamento della lotta al lavoro sommerso (2008/2035(INI)) e del 14 gennaio 2014 sulle ispezioni sul lavoro efficaci come strategia per migliorare le condizioni di lavoro in Europa (2013/2112(INI)).

7. Allo scopo di rafforzare le opportunit¢ di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonch← di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere pi efficiente l’attivit¢ ispettiva, il Governo │ delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o pi decreti legislativi, di cui uno recante un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, nel rispetto dei seguenti princ↓pi e criteri direttivi, in coerenza con la regolazione dell’Unione europea e le convenzioni internazionali:
a) individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare l’effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo nazionale e internazionale, in funzione di interventi di semplificazione, modifica o superamento delle medesime tipologie contrattuali;
b) promuovere, in coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato come forma privilegiata di contratto di lavoro rendendolo pi conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti;
c) previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianit¢ di servizio;
d) revisione della disciplina delle mansioni, in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi, contemperando l’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale con l’interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalit¢ e delle condizioni di vita ed economiche, prevedendo limiti alla modifica dell’inquadramento; previsione che la contrattazione collettiva, anche aziendale ovvero di secondo livello, stipulata con le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria possa individuare ulteriori ipotesi rispetto a quelle disposte ai sensi della presente lettera;
e) revisione della disciplina dei controlli a distanza, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignit¢ e della riservatezza del lavoratore;
f) introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonch← ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale, previa consultazione delle parti sociali comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale;
g) previsione, tenuto conto di quanto disposto dall’articolo 70 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, della possibilit¢ di estendere il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attivit¢ lavorative discontinue e occasionali nei diversi settori produttivi, fatta salva la piena tracciabilit¢ dei buoni lavoro acquistati, con contestuale rideterminazione contributiva di cui all’articolo 72, comma 4, ultimo periodo, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
h) abrogazione di tutte le disposizioni che disciplinano le singole forme contrattuali, incompatibili con le disposizioni del testo organico semplificato, al fine di eliminare duplicazioni normative e difficolt¢ interpretative e applicative;
i) razionalizzazione e semplificazione dell’attivit¢ ispettiva, attraverso misure di coordinamento ovvero attraverso l’istituzione, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, di una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, tramite l’integrazione in un’unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’INPS e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale.

8. Allo scopo di garantire adeguato sostegno alla genitorialit¢, attraverso misure volte a tutelare la maternit¢ delle lavoratrici e favorire le opportunit¢ di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalit¢ dei lavoratori, il Governo │ delegato ad adottare, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto, per i profili di rispettiva competenza, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o pi decreti legislativi per la revisione e l’aggiornamento delle misure volte a tutelare la maternit¢ e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

9. Nell’esercizio della delega di cui al comma 8 il Governo si attiene ai seguenti princ↓pi e criteri direttivi:
a) ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell’indennit¢ di maternit¢, nella prospettiva di estendere, eventualmente anche in modo graduale, tale prestazione a tutte le categorie di donne lavoratrici;
b) garanzia, per le lavoratrici madri parasubordinate, del diritto alla prestazione assistenziale anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro;
c) introduzione del tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, e armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico;
d) incentivazione di accordi collettivi volti a favorire la flessibilit¢ dell’orario lavorativo e dell’impiego di premi di produttivit¢, al fine di favorire la conciliazione tra l’esercizio delle responsabilit¢ genitoriali e dell’assistenza alle persone non autosufficienti e l’attivit¢ lavorativa, anche attraverso il ricorso al telelavoro;
e) eventuale riconoscimento, compatibilmente con il diritto ai riposi settimanali ed alle ferie annuali retribuite, della possibilit¢ di cessione fra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro di tutti o parte dei giorni di riposo aggiuntivi spettanti in base al contratto collettivo nazionale in favore del lavoratore genitore di figlio minore che necessita di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute;
f) integrazione dell’offerta di servizi per l’infanzia forniti dalle aziende e dai fondi o enti bilaterali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona, anche mediante la promozione dell’utilizzo ottimale di tali servizi da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel territorio in cui sono attivi;
g) ricognizione delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternit¢ e della paternit¢, ai fini di poterne valutare la revisione per garantire una maggiore flessibilit¢ dei relativi congedi obbligatori e parentali, favorendo le opportunit¢ di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche tenuto conto della funzionalit¢ organizzativa all’interno delle imprese;
h) estensione dei princ↓pi di cui al presente comma, in quanto compatibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, con riferimento al riconoscimento della possibilit¢ di fruizione dei congedi parentali in modo frazionato e alle misure organizzative finalizzate al rafforzamento degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

10. I decreti legislativi di cui ai commi 1, 3, 5, 7 e 8 della presente legge sono adottati nel rispetto della procedura di cui all’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

11. Gli schemi dei decreti legislativi, corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralit¢ finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perch← su di essi siano espressi, entro trenta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine per l’espressione dei pareri parlamentari di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono o seguono la scadenza dei termini previsti ai commi 1, 3, 5, 7 e 8 ovvero al comma 13, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

12. Dall’attuazione delle deleghe recate dalla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tale fine, per gli adempimenti dei decreti attuativi della presente legge, le amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni. In conformit¢ all’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o pi decreti attuativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, ivi compresa la legge di stabilit¢, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

13. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 10, nel rispetto dei princ↓pi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo pu￲ adottare, con la medesima procedura di cui ai commi 10 e 11, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo emerse.

14. Sono fatte salve le potest¢ attribuite alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, le competenze delegate in materia di lavoro e quelle comunque riconducibili all’articolo 116 della Costituzione e all’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.”.

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Jobs act. Proviamo a capirne qualcosa.

26/10/2014

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La prima precisazione da fare e' che il Jobs Act e' una legge delega.
Una legge, cioe', che fissa una serie di principi generali nell'ambito dei quali il Governo e' delegato ad emanare uno o piu' decreti legislativi.
In tantissimi tra i commentatori dell'ultima ora attribuiscono al Jobs Act un valore dispositivo ed immediato su presunti calpestamenti o addirittura abbattimenti dei diritti dei lavoratori.
Questa grande confusione e' la vera causa delle incessanti polemiche di questi giorni.

Il Senato ha dato il via libera al maxiemendamento sul Jobs Act, votando la fiducia posta dal governo sul provvedimento al centro del dibattito da alcune settimane. Il  responso, 165 i sì, 111 i no, 2 gli astenuti.
Il testo originario e' stato modificato con un maxi emendamento che accorpa in un univo articolo l'intero impianto normativo.
E il vero colpo di teatro, arrivato con il nuovo testo, è stata certamente la scomparsa di qualsiasi riferimento all’articolo 18,  vera materia del contendere nel dibattito politico e con le parti sociali.

Cosa prevede il nuovo Jobs Act

1) Ammortizzatori. 
Qualora sussista una situazione di disoccupazione involontaria, il governo dovrà assumere tutele uniformi e in linea con la storia contributiva dei lavoratori. Favorevole, ad esempio, sarebbe l’allargamento dell’Aspi anche ai co.co.co.

2) Semplificazioni. 
Si punta a dimezzare gli atti burocratici necessari ad avviare e gestire il rapporto di lavoro. Si punta, così, all’emenazione di norme ad hoc che riducano gli step tra amministrazione e datori di lavoro, ad esempio sugli infortuni, con l’obbligo di trasmissione alle autorità che penderà proprio sulla PA.

3) Contratti. 
Sì al contratto a tutele crescenti, che aumenteranno in relazione all’anzianità di servizio. Ok anche all’introduzione prossima del compenso orario minimo, applicabile a tutti i rapporti di lavoro. Cambia il demansionamento, ma con tutela alla professionalità.

4) Maternità. 
Si prevede l’introduzione a carattere universale dell’indennità di maternità, ossia anche a chi versa contributi a gestione separata. Ok anche al diritto alla prestazione anche in caso di mancato versamento dei contributi per opera del datore di lavoro.

Come detto la parte dedicata ai licenziamenti scompare dal testo.
Però, in riferimento alla disciplina dei licenziamenti, un orientamento sembra emerso, sia dalle varie direzioni di partito che hanno portato allo scontro favorevoli e contrari al superamento dell’articolo 18, che nella breve ora di confronto con le sigle sindacali, incapaci, in questo marasma, di esprimere una posizione unitaria.
Cosa cambia per i licenziamenti
Come noto, l’articolo 18, nella formulazione residua dopo le parziali modifiche apportate dalla riforma Fornero del 2012, prevede la possibilità di ricorrere al giudice nel caso di tre tipologie di licenziamenti, se ritenuti illegittimi:

economico

disciplinare

discriminatorio

1) Nel primo caso, il lavoratore viene lasciato a casa in seguito a ristrutturazioni aziendali, oppure per decisione arbitraria del datore di lavoro che voglia tagliare i costi del personale. In tal caso, al lavoratore rimane la facoltà di rivolgersi all’autorità giudiziaria, che potrà esprimersi qualora ritenga illegittimo il licenziamento, disponendo anche il reintegro in azienda.

2) Nel secondo caso, invece, si tratta di qualche comportamento che ha interrotto il rapporto fiduciario tra committente e lavoratore, oppure della mancata esecuzione delle mansioni affidate. Anche in questo caso, è possibile portare la vicenda di fronte al responso del giudice, che pu ordinare il reintegro.

3) Quadro simile per i licenziamenti discriminatori, che rimangono completamente protetti dalle garanzie comprese nell’articolo 18.

Nei giorni scorsi, si è parlato di una possibile revisione dell’articolo 18 nei termini in cui, in caso di licenziamento ritenuto illegittimo di tipo economico o disciplinare, al posto del reintegro, debba essere lo Stato a sobbarcarsi il sostegno del lavoratore per un periodo limitato, di durata variabile a seconda della storia contributiva del soggetto.
Per definire in maniera ancora più compiuta la materia, l’esecutivo ha preso l’impegno di definire esplicitamente i casi in cui il licenziamento disciplinare vada ritenuto illegittimo, uscendo così dal limbo della discrezionalità dell’autorità giudiziaria.
Nessun cambiamento, infine, è previsto per i licenziamenti discriminatori, che prevederanno sempre il reintegro del licenziato.

Il testo della legge approda alla Camera.
Il testo licenziato al Senato non prevede espressamente modifiche all’articolo che fa da “paracadute” a eventuali licenziamenti illegittimi, anche se lascia aperta la porta per ulteriori modifiche in sede di decreti legislativi.
La legge delega, infatti, prevede un margine di discrezionalità all’esecutivo, una volta approvata, ma ciò che con insistenza si chiede alla Camera è una definizione dei confini entro cui il governo potrà muoversi una volta che emanerà i provvedimenti in attuazione del ddl.
A questo proposito, si chiede più chiarezza nell’articolo 18, in materia di licenziamenti economici, discriminatori e disciplinari. Finora, le indicazioni del governo hanno lasciato intendere che grosse modifiche verranno apportate solo su quelli economici, che saranno esclusi in toto dalla discrezionalità del giudice e vedranno l’indennizzo statale in relazione all’anzianità contributiva.
I discriminatori, poi, non saranno toccati, e questo il premier Renzi e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti lo hanno lasciato intendere a chiare lettere. Restano sul tavolo i licenziamenti disciplinari, il vero ago della bilancia della riforma, su cui si gioca la partita del Jobs Act.
Il governo potrebbe scrivere, nel testo, obiettivi più specifici sui licenziamenti, accontendando così, almeno in parte, sia la Cgil che i propri oppositori interni.


vai al testo integrale della legge
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Nuovo Processo Civile. Le modifiche apportate al Senato ed il testo coordinato.

24/10/2014

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Il Senato, col voto di fiducia ha licenziato il decreto legge sul nuovo processo civile.
Il Consiglio Nazionale Forense ha redatto uno studio per riassumernene i cambiamenti.
In calce quindi pubblichiamo il file del testo coordinato.


AS 1612

Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile (Nuove norme in materia di processo civile)



RIEPILOGO NOVITA’ INTRODOTTE AL SENATO

  • arbitro unico (come da proposta CNF) solo per cause di valore inferiore a 100.000 euro;
  •  Translatio semiautomatica per talune controversie di cui sia parte una PA;
  • gli arbitri devono essere avvocati iscritti da almeno 5 anni (non 3);
  •  incompatibilità tra incarico di arbitro e consigliere COA, anche per quelli uscenti per la durata dell'intera consiliatura successiva;
  • facoltà di proroga per il deposito del lodo di ulteriori 30 giorni;
  • termine di 90 giorni per l’adozione di un DM che riduce i parametri per i compensi degli arbitri;
  • un DM stabilirà assegnazione arbitrati, con criterio rotazione e designazione automatica (come da proposta CNF);
  • termine per la conclusione del procedimento di negoziazione assistita non superiore a 3 mesi (come da proposta CNF);
  • integrazione del comma 5 dell’art. 3, in materia di negoziazione obbligatoria con previsione non chiarissima: «Restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati. Il termine di cui ai commi 1 e 2, per materie soggette ad altri termini di procedibilità, decorre unitamente ai medesimi»;
  • trascrizione integrale dell’accordo raggiunto con la negoziazione nel precetto;
  • eliminato l'art. 7, che estendeva la conciliazione ex art. 2113 c.c. alle controversie aventi per oggetto diritti del prestatore di lavoro;
  • eliminato l'art. 15, in tema di dichiarazioni rese al difensore, con potere di autenticazione a favore di quest'ultimo;
  • esclusione delle controversie di lavoro dall'ambito della negoziazione assistita e l'obbligo per la PA di affidare le convenzioni di negoziazione assistita alla propria Avvocatura, ove presente (art. 2);
  •  aumento dei termini per gli oneri processuali ivi previsti (processo di esecuzione) e l'inserimento di un potere di certificazione per l'avvocato, ma riferito soltanto all'attestazione di conformità delle copie degli atti depositati all'atto dell'iscrizione a ruolo del precetto (art. 18);in materia di negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio deve esserci «almeno un avvocato per parte» (art. 6);
  • è previsto un particolare procedimento in presenza di taluni soggetti "protetti" (figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di  handicap: si tratta della trasmissione, secondo una tempistica predeterminata, dell'accordo al Procuratore della Repubblica per ottenere autorizzazione; altrimenti, qualora non corrisponda all'interesse dei figli, la successiva trasmissione al Presidente del Tribunale) (art. 6);
  • un procedimento analogo è altresì previsto per gli accordi in assenza di figli. In questi casi, tuttavia, non vi è la previsione di termini a carico del PM;
  • occorre menzionare nell'accordo di negoziazione assistita per separazione/divorzio (art. 6) che:
    • gli avvocati hanno tentato la conciliazione delle parti;
    •  le parti sono state informate della possibilità di esperire la mediazione familiare;
    • le parti sono state informate dell'importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori.
  • riduzione della sanzione già prevista per l'avvocato (da 5000/50.000 si passa a 2.000/10.000) che non trasmette copia dell'accordo all'ufficiale di stato civile entro il termine di dieci giorni; 
  • possibilità per le parti di assistenza facoltativa da parte di un avvocato (art. 12) nel procedimento di separazione/divorzio "breve";
  • viene individuato nel Sindaco la figura dell'ufficiale di stato civile al quale rendere la dichiarazione volta ad attestare la volontà di separarsi; a pena di caducazione dell’accordo raggiunto i coniugi debbono presentarsi nuovamente di fronte al Sindaco entro 30 giorni dal primo accordo.
  • per quanto concerne le ferie dei magistrati viene ripristinato il periodo a tutto il mese di agosto (anziché dal 6 al 31).
  •  Tra le modifiche apportate in materia di esecuzione forzata si segnalano:
    • a) la previsione di ulteriori casi di applicazione delle disposizioni per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare estese anche all’attuazione del sequestro conservativo e per la ricostruzione dell'attivo e del passivo nell'ambito di procedure concorsuali di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui»;
    • b) una specifica forma di pignoramento (e custodia) di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi;
    • c) l’impignorabilità dei «Crediti delle rappresentanze diplomatiche e consolari straniere».
  • Ripristino degli uffici del giudice di pace di Ostia e di Barra, ad organico invariato, con posti (sia per magistrati onorari che per personale amministrativo) da coprire mediante trasferimento, ed affidando ad un DM la data di inizio del funzionamento degli uffici.


    ****************


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Responsabilita civile Giudici. Scontro nella maggioranza sulla Legge Buemi.

22/10/2014

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Il Patto del Nazareno rischia di perdere un altro tassello importante: il governo si spacca sulla responsabilità civile dei magistrati. Dopo i lunghi lavori per il Ddl della commissione Giustizia del Senato, il giovane guardasigilli, Andrea Orlando, ha annunciato emendamenti che modificano il testo presentato, riportandolo indietro, quasi alla legge Vassalli.
Il Governo ha presentato ieri tre emendamenti che stravolgono il testo: come la sostituzione del comma 2 dell’art. 2 della Vassalli, l’esecutivo propone che, fermo restando i casi di colpa grave per violazione manifesta della legge e del diritto Ue o per travisamento della prova e “salvi i casi di dolo”, non si può dare luogo a responsabilità (che resta sempre indiretta). Una decisione che stravolge l’impostazione data dal relatore del Ddl, Enrico Buemi, che prevede la responsabilità delle toghe anche se si discostano dalle sentenze delle Sezioni unite della Cassazione, senza adeguata motivazione.

“Il vero problema è che i magistrati pensano di essere degli intoccabili. Vogliono starsene belli e tranquilli senza dover rispondere in alcun modo del proprio operato. Hanno già un organo di autogoverno che li protegge e ora pensano di poter restare l’unica area protetta dello Stato?”. Il senatore del Psi Enrico Buemi, relatore del ddl sulla responsabilità civile dei magistrati, ribadisce la sua contrarietà agli emendamenti presentati ieri dal governo che, di fatto, “stravolgono il testo” messo a punto dalla commissione Giustizia del Senato, consentendo alle toghe di “non dover mai rispondere dei propri errori”.

“I magistrati si ritengono ‘appena sotto Dio’ e questo – osserva Buemi – in una società che è profondamente cambiata come la nostra, non può più essere consentito. Qualsiasi iniziativa si prenda nei loro confronti tirano fuori il discorso che si vuole minacciare la loro autonomia. E questo mentre continuano a compiere misfatti in tutta Italia. Non è più possibile”.

“Nel testo adottato dalla commissione – insiste Buemi – gli si chiedeva almeno di motivare quando si discostano dagli orientamenti espressi nelle sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione, ma loro non vogliono neanche questo. E a mio avviso è sbagliato. Per questo ieri avevo minacciato di dimettermi da relatore, perché io non sono in linea con questa impostazione”. Buemi resta però titubante sulle sue dimissioni, sostiene infatti che “ora, a prescindere dal mio continuare a fare o meno il relatore, che è irrilevante, spero che si arrivi ad un’intesa sul punto perché tutti ormai nella società sono chiamati a rispondere dei propri errori. A cominciare dal medico che, pur sapendo di dover pagare per i propri sbagli, non smette certo di operare o curare le persone per questo”.
“A questo punto – conclude Buemi – vorrei solo chiedere a Renzi come possa conciliare la posizione espressa ieri dal ministro Orlando in commissione, con la sua celebre affermazione ‘Chi sbaglia deve pagare’. Invito pertanto a fare meno propaganda e a pensare di più al contenuto dei provvedimenti”.

Una scelta che, oltre ad alimentare perplessità nella maggioranza, scatena l’ira di Forza Italia. I senatori azzurri hanno promesso battaglia, ma il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, avverte: “Resteremo fermi sulla nostra linea”. Salvo poi tentare una mediazione, visto che lo scontro rischia di allargare le distanze tra Pd e Fi, senza dimenticare che c’è una procedura d’infrazione Ue in itinere e il rischio di sanzioni. “Lavoreremo in modo serrato ma aperto, tenendo conto delle proposte emerse, ma affermeremo la linea del nostro testo di legge, all’interno del quale c’è un equilibrio che migliora l’attuale normativa”, ha detto.

Il segretario del Psi e vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Riccardo Nencini, ha invitato il ministro della Giustizia a fare chiarezza: “La riforma presentata dal ministro Orlando è una buona riforma della giustizia. Ma ci sono princìpi sui quali serve la massima chiarezza. Nel nome di una giustizia giusta e a tutela dei diritti fondamentali del cittadino. Sono certo che nella riunione convocata dal Ministro per la prossima settimana la maggioranza saprà trovare una soluzione condivisa. Che sosterremo convinti”. Intanto la battaglia si proroga, oltre che dalle aule del Parlamento, alle toghe che hanno criticato molte parti del testo: no alla responsabilità diretta, filtro se non di ammissibilità a valle, caso per caso, per decidere una rivalsa sul magistrato che non sia integrale.

Resta confermato, come annunciato dal vice presidente del Csm Giovanni Legnini, per il 29 ottobre il plenumstraordinario del Csm per discutere il parere sulla riforma della responsabilità civile dei giudici. Al documento sta lavorando la Sesta Commissione che conta di chiudere entro domani e che si esprimerà oltre che sul ddl governativo anche sul testo Buemi

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RIFORMA CODICE DELLA STRADA. LE LINEE GUIDA E LA LEGGE DELEGA. 

10/10/2014

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La riforma del Codice della Strada si farà.
Ieri la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato la Lege Delega per attuare la riforma.
Nelle linee guida dettate per il Governo dal Vice Ministro Sen.Riccardo Nencini, anche l'inasprimento delle pene e l'ergastolo della patente.

Il progetto di legge C. 731-1588-A nasce dalla confluenza della proposta di legge di iniziativa parlamentare C. 731 e del disegno di legge di iniziativa governativa C. 1588. L'esame presso la IX Commissione trasporti è stato avviato nella seduta del 27 giugno 2013. Il provvedimento prevede tempi ristretti per l'esercizio della delega (dodici mesi) e un doppio parere obbligatorio delle commissioni parlamentari competenti sugli schemi di decreto legislativo.

La semplificazione del codice e la tutela dell'utenza vulnerabileI criteri direttivi della delega sono in primo luogo orientati alla semplificazione del codice e alla tutela dell’utenza vulnerabile. In tal senso possono essere richiamati i seguenti criteri:

  • Semplificazione del codice della strada circoscrivendone i contenuti alla disciplina dei comportamenti, alle previsioni sanzionatorie e alla regolazione dello spazio stradale (art. 2, co. 1, lett. c)
  • Possibilità di riduzione dei limiti di velocità in particolare nelle aree urbane (art. 2, co. 1 lett. d) numero 1)
  • Sostegno dell’utenza vulnerabile con una specifica attenzione alla promozione della sicurezza delle biciclette, in particolare per i ciclisti di età inferiore a 14 anni, e introduzione di disposizioni per favorire l’accesso di biciclette, ciclomotori e motocicli nelle corsie riservate ai mezzi pubblici (art. 2, co. 1, lett. d) numeri 5 e 6)
  • Possibilità di circolazione sulle autostrade e sulle superstrade per i motocicli di cilindrata superiore a 120 cc, se condotti da maggiorenni (art. 2, co. 1, lett. d) numero 9)
Revisione dell'apparato sanzionatorioMisure di semplificazione sono previste anche con riferimento all’apparato sanzionatorio del codice, laddove si dispone, ad esempio, la graduazione delle sanzioni in funzione dell’effettiva pericolosità del comportamento (art. 2, co. 1, lett. i), numero 1). Con riferimento all’apparato sanzionatorio, particolare rilievo assume il principio di delega (art. 2, co. 1, lett. n), numero 3) che prevede che il codice individui il grado di colpevolezza e la tipologia di violazioni del codice della strada che in presenza di omicidio colposo provocato da queste violazioni comportano le sanzioni accessorie della revoca della patente e dell’inibizione alla guida perpetue; revoca ed inibizione perpetua dovranno comunque essere previste in caso di omicidio colposo effettuato da conducente alla guida con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l o sotto l’effetto di stupefacenti (art. 589, terzo comma, codice penale) ovvero in caso di omicidio colposo con più vittime o con morte di una persona e lesioni di una o più persone (art. 589, quarto comma).

Un ulteriore criterio di delega prevede l’introduzione del codice di norme per determinare con precisione e certezza l'alterazione psicofisica dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti, anche ai fini dell'accertamento del reato di omicidio colposo da parte di soggetto alla guida sotto l'effetto di tali sostanze (art. 2, co. 1, lett. n), numero 4).

In materia sanzionatoria merita richiamare infine la previsione dell’applicazione della decurtazione dei punti della patente anche ai soggetti minorenni, superando le difficoltà interpretative derivanti dalla norma generale (L. n. 689/1981) che prevede che le sanzioni amministrative si applichino solo a soggetti maggiorenni (art. 2, co. 1, lett. q)

La sicurezza stradaleI criteri di delega mirano anche al potenziamento dei controlli in materia di sicurezza stradale. In proposito merita richiamare:

  • la previsione di una banca dati unica delle infrazioni stradali (art. 2, co. 1, lett. g)
  • la previsione della fruibilità attraverso sistemi telematici dei dati relativi ai veicoli e alle patenti, con dati di formato aperto che possano essere liberamente utilizzati e rielaborati dagli interessati a fini statistici, di ricerca o altro (art. 2, co. 1, lett. l)
  • la previsione della destinazione prioritaria dei proventi delle multe riscosse da organi dello Stato a un fondo per l’intensificazione dei controlli su strada e al finanziamento del piano nazionale di sicurezza stradale (art. 2, co. 1, lett. n), numero 9).
La delegificazioneL'articolo 2, comma 2, del provvedimento autorizza il Governo ad adottare regolamenti di delegificazione in una serie di materie attualmente disciplinate dal codice della strada. Tra queste merita richiamare le caratteristiche dei veicoli eccezionali; la disciplina della massa limite e della sagoma limite dei veicoli; le caratteristiche della segnaletica stradale; le procedure di immatricolazione e cessazione dalla circolazione dei veicoli.

Di seguito il testo integrale della Legge Delega cosi come approvata.
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ARRIVA L'OMICIDIO STRADALE.

8/10/2014

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Dopo anni di attesa è in dirittura di arrivo il reato di omicidio stradale.
Una rimodulazione della figura criminosa con un particolare inasprimento delle pene e l'ergastolo della patente nei confronti di chi si rende colpevole del reato di omicidio ponendosi alla guida di una autovettura in preda agli effetti di alcool o sostanze stupefacenti.
Il protagonista di questa innovazione è il Vice Ministro alle Infrastrutture ed ai Trasporti il Senatore Socialista Riccardo Nencini.
Sarà lui, infatti, a redigere, in forza di una delega del Parlamento, la riforma del Codice della Strada.
Nella intervista al quotidiano Il Messaggero, sotto riprodotta ne spiega le linee guida. 
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Qui sotto puoi scaricare l'intervista in formato PDF.
intervista_nencini.pdf
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RESPONSABILITA CIVILE DEI MAGISTRATI. IL Disegno di Legge Buemi scavalca il progetto del governo 

1/10/2014

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Il Disegno di Legge dei Senatori Socialisti Buemi - Nencini sulla responsabilità civile dei Magistrati scavalca quello del Governo.
Ecco il testo completo.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Modifiche all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni)

1. L'articolo 65 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«Art. 65 -- Attribuzioni della Corte suprema di cassazione. -- 1. La Corte suprema di cassazione ha sede in Roma ed ha giurisdizione su tutto il territorio della Repubblica e su ogni altro territorio soggetto alla sovranità dello Stato.

2. La Corte suprema di cassazione, quale organo supremo della giustizia:

a) assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge;

b) assicura l'unità del diritto oggettivo nazionale;

c) assicura il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni;

d) regola i conflitti di competenza e di attribuzioni;

e) adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge.

3. La Corte suprema di cassazione espleta le funzioni di cui alle lettere a) e b) del comma 2 mediante le attribuzioni decisorie, conferitele dai codici di procedura civile e di procedura penale, in ordine ai giudizi che le sono sottoposti. Salvo il caso di ignoranza inevitabile, come definita dalla sentenza della Corte costituzionale 24 marzo 1988, n. 364, gli atti ed i provvedimenti dei restanti giudici ordinari, civili e penali, che nell'esercizio delle rispettive funzioni si discostino dall'interpretazione della legge, espressa ai sensi del primo periodo, legittimano la proposizione dell'azione risarcitoria secondo la disciplina ordinaria. In tal caso:

a) la responsabilità è valutata ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile;

b) si applica il comma 2 dell'articolo 13 della legge 13 aprile 1988, n. 117, e successive modificazioni.».

2. All'articolo 76 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente:

«2-bis. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione redige altresì parere scritto in ordine a qualsiasi richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea avanzata, ai sensi dell'articolo 267 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, negli atti introduttivi di una causa pendente in Corte di cassazione. Le previsioni di cui al secondo e terzo periodo del comma 3 dell'articolo 65 si applicano ai magistrati autori degli atti e dei provvedimenti giudiziari che, contro il parere positivo espresso dal pubblico ministero ai sensi del primo periodo, abbiano disatteso la richiesta, avanzata da una parte, di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 267 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.».

Art. 2.

(Modifiche all'articolo 2 della legge13 aprile 1988, n. 117)

1. All'articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nell'esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove, fatta eccezione per gli atti ed i provvedimenti giudiziari di cui al secondo e terzo periodo del comma 3 dell'articolo 65 ed al secondo periodo del comma 2-bis dell'articolo 76 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni.».

2. All'articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, il comma 3 è sostituito dai seguenti:

«3. Al di fuori dei casi di cui al secondo e terzo periodo del comma 3 dell'articolo 65 ed al secondo periodo del comma 2-bis dell'articolo 76 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, costituiscono colpa grave, sanzionata ai sensi del comma 1:

a) la manifesta violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;

b) l'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;

c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento;

d) l'emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.

3-bis. Ai fini della determinazione dei casi in cui sussiste una violazione manifesta del diritto ai sensi della lettera a) del comma 3, deve essere valutato se il giudice abbia tenuto conto di tutti i principali elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la controversia sottoposta al suo sindacato, facendo riferimento al grado di chiarezza e di precisione della norma violata, al carattere intenzionale della violazione, alla scusabilità o inescusabilità dell'errore di diritto, nonché se abbia correttamente applicato il diritto dell'Unione europea.».

Art. 3.

(Modifiche all'articolo 4 ed abrogazione dell'articolo 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117)

1. All'articolo 4 della legge 13 aprile 1988, n. 117, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, secondo periodo, le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «tre anni»;

b) al comma 4, le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «tre anni».

2. L'articolo 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117 è abrogato.

Art. 4.

(Modifiche all'articolo 6 della legge13 aprile 1988, n. 117)

1. All'articolo 6 della legge 13 aprile 1988, n. 117, il comma 2, è sostituito dal seguente:

«2. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro lo Stato fa stato nel giudizio di rivalsa, anche se il magistrato non è intervenuto volontariamente in giudizio, e nel procedimento disciplinare, in ordine all'accertamento dei fatti contenuto in sentenza.».

Art. 5.

(Modifiche all'articolo 7 della legge13 aprile 1988, n. 117)

1. All'articolo 7 della legge 13 aprile 1988, n. 117, al comma 1, le parole: «stipulato dopo la dichiarazione di ammissibilità di cui all'articolo 5,» sono soppresse.

2. All'articolo 7 della legge 13 aprile 1988, n. 117, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. Il mancato esercizio dell'azione di rivalsa, di cui al comma 1, comporta responsabilità contabile. Ai fini dell'accertamento di tale responsabilità, entro il 31 gennaio di ogni anno la Corte dei conti acquisisce informazioni dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro della giustizia sulle condanne al risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie emesse nel corso dell'anno precedente e sull'esercizio della relativa azione di rivalsa.».

Art. 6.

(Modifiche all'articolo 13 della legge 13 aprile 1988, n. 117)

1. All'articolo 13 della legge 13 aprile 1988, n. 117, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente:

«2-bis. Il mancato esercizio dell'azione di regresso, di cui al comma 2, comporta responsabilità contabile. Ai fini dell'accertamento di tale responsabilità, entro il 31 gennaio di ogni anno la Corte dei conti acquisisce informazioni dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro della giustizia sulle condanne al risarcimento dei danni per fatti costituenti reato commessi dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni, emesse nel corso dell'anno precedente e sull'esercizio della relativa azione di regresso.».





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Nel mentre la versione del Governo a firma del Ministro Orlando recitava in quest'altro modo:

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Modifiche alla disciplina sui presupposti della responsabilità)

1. All'articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Chi ha subito un danno ingiusto per diniego di giustizia ovvero per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario, posto in essere da un magistrato, anche onorario, con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni, può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Fermo quanto previsto dal comma 3 e salvi i casi di dolo, nell'esercizio delle funzioni giudiziarie non può dare luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove»;

c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Costituisce colpa grave la violazione manifesta della legge e del diritto dell'Unione europea ovvero il travisamento del fatto o delle prove»;

d) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Ai fini della determinazione dei casi in cui sussiste la violazione manifesta della legge e del diritto dell'Unione europea si tiene conto, in particolare, del grado di chiarezza e precisione delle norme violate, dell'inescusabilità e della gravità dell'inosservanza. In caso di violazione manifesta del diritto dell'Unione europea si deve tener conto della posizione adottata eventualmente da un'istituzione dell'Unione europea, nonché della mancata osservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267, terzo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea».

Art. 2.

(Soppressione della preliminare valutazione di ammissibilità della domanda)

1. L'articolo 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117, è abrogato.

Art. 3.

(Azione di rivalsa e azione disciplinare)

1. L'articolo 7 della legge 13 aprile 1988, n. 117, è sostituito dal seguente:

«Art. 7. -- (Azione di rivalsa) -- 1. Lo Stato, entro tre anni dal risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o di titolo stragiudiziale, deve esercitare l'azione di rivalsa nei confronti del magistrato nel caso di diniego di giustizia, ovvero nei casi in cui la violazione manifesta della legge e del diritto dell'Unione europea ovvero il travisamento del fatto o delle prove, di cui all'articolo 2, commi 2, 3 e 3-bis, sono stati determinati da dolo o negligenza inescusabile.

2. In nessun caso la transazione è opponibile al magistrato nel giudizio di rivalsa o nel giudizio disciplinare.

3. I giudici popolari rispondono soltanto in caso di dolo. I cittadini estranei alla magistratura che concorrono a formare o formano organi giudiziari collegiali rispondono in caso di dolo o negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove».

2. All'articolo 8, comma 3, della legge 13 aprile 1988, n. 117, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, le parole: «pari al terzo» sono sostituite dalle seguenti: «pari alla metà»;

b) al terzo periodo, la parola: «quinto» è sostituita dalla seguente: «terzo».

3. L'articolo 9 della legge 13 aprile 1988, n. 117, è sostituito dal seguente:

«Art. 9. -- (Azione disciplinare) -- 1. Il tribunale adito per il giudizio di rivalsa ordina in ogni caso la trasmissione di copia degli atti ai titolari dell'azione disciplinare; per gli estranei che partecipano all'esercizio di funzioni giudiziarie la copia degli atti è trasmessa agli organi ai quali compete l'eventuale sospensione o revoca della loro nomina.

2. Gli atti del giudizio disciplinare possono essere acquisiti su istanza di parte o d'ufficio nel giudizio di rivalsa».

Art. 4.

(Disposizioni finanziarie)

1. Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge, valutati in 135.000 euro per l'anno 2014 e in 540.000 euro a decorrere dall'anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica.

2. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro della giustizia provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente articolo e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1 del presente articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della giustizia, provvede, con proprio decreto, alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie di parte corrente iscritte, nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della citata legge 31 dicembre 2009, n. 196, nel programma «Giustizia civile e penale» della missione «Giustizia» dello stato di previsione del Ministero della giustizia. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al secondo periodo.

Art. 5.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. La presente legge si applica ai fatti illeciti posti in essere dal magistrato successivamente alla sua entrata in vigore.

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