
(Cit. ww.studiocataldi.it )
![]() La Cassazione, con la sentenza n. 25027/2019 rigetta il ricorso degli eredi, quali parti civili, di un pedone deceduto perchè investito mentre attraversava la strada. Corretto per gli Ermellini il percorso logico giuridico e le motivazioni della Corte D'Appello che nella sentenza, con la quale aveva respinto i ricorso degli eredi, ha fatto corretta applicazione del seguente principio giuridico: "in materia di responsabilità civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest'ultimo, alcuna possibilità di prevenire l'evento, situazione ricorrente allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile ed anormale, sicché l'automobilista si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti; in particolare si è osservato che "la prova liberatoria di cui all'art. 2054 cod. civ., nel caso di danni prodotti a persone o cose dalla circolazione di un veicolo, non deve essere necessariamente data in modo diretto, cioè dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del CdS , ma può risultare anche dall'accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell'evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente, attese le concrete circostanze della circolazione e la conseguente impossibilità di attuare una qualche idonea manovra di emergenza. Pertanto il pedone, il quale attraversi la strada di corsa sia pure sulle apposite strisce pedonali immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocità imposta dalla legge, pone in essere un comportamento colposo che può costituire causa esclusiva del suo investimento da parte di un veicolo, ove il conducente, sul quale grava la presunzione di responsabilità di cui alla prima parte dell'art. 2054 cod. civ., dimostri che l'improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l'evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un'idonea manovra di emergenza" (Cass. 14064/2010); v. anche Cass. 4551/2017." (Cit. ww.studiocataldi.it )
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Necessaria la liquidazione più celere dei compensi spettanti all'avvocato per l'attività svolta a favore della parte ammessa al gratuito patrocinio. E' quanto ha statuito il Ministero della Giustizia con la Circolare del 10 gennaio 2018, in merito alla corretta applicazione dell'art. 83, comma 3-bis, del d.p.r. n. 115/2002. Il provvedimento si è reso necessario al fine di chiarire alcuni aspetti di particolare importanza, quali verificare entro quale termine l'avvocato debba depositare l'istanza di liquidazione del compenso spettante per l'attività difensiva prestata in favore della parte ammessa al gratuito patrocinio, verificare entro quale termine il magistrato debba provvedere a liquidare detto compenso e se sia corretta la prassi adottata da alcuni uffici giudiziari di provvedere sull'istanza di liquidazione solo dopo aver ricevuto riscontro da parte degli uffici finanziari circa le condizioni reddituali della parte ammessa al gratuito patrocinio. In merito al primo quesito, il Ministero evidenzia come la norma in oggetto non introduca un termine di decadenza per la presentazione dell'istanza di liquidazione da parte del legale, per i compensi a questi spettanti, né un termine invalicabile per il giudice, essendo necessaria una formulazione esplicita che al momento non sussiste. La norma deve, quindi, essere considerata come meramente indicativa, al fini di una maggiore razionalizzazione del sistema, del termine preferibile per la pronuncia, senza sanzioni in caso di violazioni. Con riferimento alla seconda problematica, l'art. 83, comma 3-bis, non ha introdotto un termine per provvedere a carico del magistrato: il Ministero evidenzia come, al contrario, la disposizione abbia lo scopo precipuo di rendere più veloce la liquidazione dei compensi spettanti all'avvocato per l'attività difensiva prestata a favore della parte ammessa al gratuito patrocinio.Conseguentemente, ben può accadere che il magistrato subordini l'emanazione del provvedimento di liquidazione al deposito della ulteriore documentazione da parte del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Il provvedimento di liquidazione del compenso, ovvero il decreto di pagamento, deve essere emesso con atto distinto e separato rispetto al provvedimento che definisce il giudizio. In relazione all'ultimo punto, il Ministero chiarisce che la norma delinea un modus procedendi poco compatibile con le prassi in virtù delle quali a fronte dell'istanza di liquidazione vengono richiesti accertamenti all'ufficio finanziario, rimandando all'esito degli stessi l'adozione del decreto di pagamento. Al contrario, viene premiata la prassi introdotta da alcuni uffici giudiziari in virtù della quale si richiede ai difensori di depositare, contestualmente all'istanza di pagamento, tutta la documentazione necessaria a consentire al magistrato di verificare la sussistenza dei presupposti per procedere al pagamento. (by Altalex) ![]()
Con il pagamento del mutuo l’ipoteca si estingue automaticamente e la banca deve chiedere la cancellazione: ma cosa accade nel caso di pagamento del debito a seguito di pignoramento immobiliare?
La legge impone al creditore, una volta ricevuto il pagamento del dovuto, di consentire la liberazione del bene dall’ipoteca iscritta a garanzia del credito e da ogni altro vincolo che comunque ne limiti la disponibilità [1]. Se il debito per il quale era stata iscritta ipoteca (per esempio a seguito di concessione del mutuo) viene adempiuto, l’ipoteca si estingue ma, fino a quando non viene materialmente cancellata dai pubblici registri, essa rimane trascritta e l’immobile risulta ancora ipotecato. Se nel frattempo l’immobile è stato pignorato, il pagamento non estingue immediatamente il pignoramento (come avviene per l’ipoteca) ma è necessario un atto giudiziale e poi la cancellazione dai pubblici registri. Il permanere dell’iscrizione dell’ipoteca e del pignoramento risulta pregiudizievole per la circolazione del bene stesso (oltre che per l’immagine del proprietario), potendo i terzi ignorare la vera situazione del rapporto obbligatorio ed essendo, anzi, generalmente inclini a dare rilevanza all’apparenza del vincolo e quindi all’esistenza di un debito non pagato e di un’ipoteca ancora vigente. Ecco perché la legge impone al creditore, una volta estinto il debito, di consentire la liberazione dei beni dall’ipoteca e da ogni altro vincolo che comunque ne limiti la disponibilità. Vediamo come si traduce l’obbligo della banca di svincolare il bene a seguito di pagamento del mutuo nei diversi casi di ipoteca e di pignoramento immobiliare. - Cancellazione ipoteca: obbligo della banca Nel caso dell’estinzione dell’ipoteca per il pagamento del mutuo, il legislatore ha previsto un’apposita procedura caratterizzata da uno specifico dovere di attivazione della banca al fine della liberazione del bene dal vincolo, dall’automatica cancellazione da parte del Conservatore dei registri immobiliari, nonché dalla riduzione dei costi per i consumatori (superfluità dell’intervento notarile e spese per l’eliminazione della formalità). La cancellazione dell’ipoteca volontaria a garanzia di un mutuo può avvenire alternativamente mediante la procedura automatica di cancellazione oppure mediante atto notarile. Di seguito esaminiamo esclusivamente la procedura automatica di cancellazione delle ipoteche per la quale non è necessario ricorrere al notaio ed è senza oneri e spese per il mutuatario [2]. Tale disciplina non è applicabile nei casi in cui il creditore sia una persona fisica oppure una persona giuridica o un ente non lucrativo che non svolge attività bancaria o finanziaria. La procedura di cancellazione automatica si applica alle ipoteche a garanzia di mutui e finanziamenti che siano stati emessi e che siano: fondiari o ordinari;concessi da una banca, una finanziaria od un ente di previdenza obbligatoria;stipulati o accollati a seguito di frazionamento (ad esempio quelli stipulati dal costruttore con la banca e poi assegnati quota parte agli acquirenti di immobili in costruzione). Anche se il cliente della banca non ha ancora finito di pagare il mutuo (o, magari, non lo ha mai pagato), ha comunque diritto di chiedere la cancellazione automatica nel caso di ipoteche iscritte da oltre 20 anni e che non sono state rinnovate dal creditore. - Procedura di cancellazione automatica ipoteca Alla scadenza del termine, se il debitore ha pagato interamente la somma prestatagli dalla banca, il mutuo si estingue e la banca avvia la procedura per la cancellazione automatica dell’ipoteca, salvo che, in presenza di un giustificato motivo, abbia interesse a far sì che l’ipoteca non venga cancellata. Se la banca non ha interesse a mantenere la garanzia ipotecaria, deve: rilasciare al debitore una quietanza in cui attesta la data di estinzione del mutuo;entro 30 giorni da tale data deve trasmettere all’Agenzia del territorio ove è iscritta l’ipoteca la comunicazione di avvenuta estinzione del mutuo, avvisando contemporaneamente il debitore. Tutto ciò senza alcun onere per il debitore e secondo le modalità determinate dall’Agenzia del territorio. Decorso il termine di 30 giorni, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, verificata la presenza della comunicazione di avvenuta estinzione del mutuo e in mancanza della comunicazione di permanenza dell’ipoteca, procede d’ufficio alla cancellazione dell’ipoteca entro il giorno successivo e fino all’avvenuta cancellazione rende comunque conoscibile ai terzi richiedenti la comunicazione di estinzione. Per le ipoteche iscritte da oltre 20 anni e non rinnovate, a decorrere dal 2 maggio 2012, il creditore entro 6 mesi dalla data in cui ne ha ricevuto richiesta da parte del debitore mediante lettera raccomandata A/R e salvo che ricorra un giustificato motivo ostativo da comunicare al debitore medesimo, trasmette al direttore dell’ufficio la comunicazione attestante la data di estinzione dell’obbligazione ovvero l’insussistenza di ragioni di credito da garantire con l’ipoteca. - Cancellazione pignoramento immobiliare: obbligo della banca Una recente pronuncia della Cassazione [3] ha precisato che la procedura di cancellazione automatica dell’ipoteca da parte della banca, come appena descritta, non è applicabile anche per la cancellazione del pignoramento immobiliare. L’obbligo della banca di liberare l’immobile si riferisce non solo alle garanzie reali (pegno e ipoteca), ma più in generale ad “ogni vincolo che comunque limiti la disponibilità” dei beni del debitore e, quindi, anche al pignoramento immobiliare. Di conseguenza, il creditore che ha ricevuto il pagamento deve consentire la liberazione dal pignoramento, ma le modalità con cui questa si realizza e i suoi presupposti sono profondamente diversi da quelli sopra descritti con riguardo all’ipoteca: il pagamento del debito estingue immediatamente anche la garanzia ipotecaria (e la cancellazione ha natura, dunque, di pubblicita’-notizia) ma non ripercuote automaticamente i suoi effetti sul pignoramento trascritto o sul processo di espropriazione forzata pendente, per la cui chiusura occorre necessariamente l‘intervento giudiziale;mentre la cancellazione dell’iscrizione ipotecaria trova fondamento in un atto negoziale del creditore, quella della trascrizione del pignoramento si basa su un provvedimento giurisdizionale di estinzione del processo esecutivo. Nell’espropriazione forzata, quindi, il consenso del creditore prende la forma dell’atto di rinuncia agli atti esecutivi. Per il principio di libertà delle forme processuali, non occorre che la rinuncia agli atti esecutivi sia espressa con atto pubblico o scrittura privata autenticata e, dunque, non ci sono costi inerenti alla formazione dell’atto, il quale non sconta nemmeno (come la consequenziale estinzione del processo) tributi ulteriori rispetto al contributo unificato (versato al momento della presentazione dell’istanza di vendita). Proprio perché il creditore non sostiene spese per rinunciare agli atti esecutivi, il debitore non é tenuto ad anticipare alcunché, né ad offrire alcun rimborso al fine di conseguire la rinunzia. - Se la banca non rinuncia agli atti esecutivi In difetto di un atto di rinuncia da parte del creditore, il debitore esecutato può proporre opposizione all’esecuzione e il creditore che abbia ingiustificatamente rifiutato il proprio consenso soggiace a responsabilità risarcitoria, eventualmente anche per lite temeraria. In definitiva, il consenso del creditore alla liberazione degli immobili dal pignoramento é – per natura, modalità ed effetti – profondamente diverso dall’assenso alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria. L’iniziativa per la cancellazione del pignoramento spetta al creditore che ha ricevuto il pagamento e non al debitore, il quale – soddisfacendo integralmente la pretesa creditoria – ha diritto a che sia innescato il procedimento che, attraverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione di estinzione del processo esecutivo, conduce alla cancellazione della trascrizione pregiudizievole. - Entro quanto tempo la banca deve rinunciare Poiché la legge non fissa un termine per la presentazione della rinunzia al giudice dell’esecuzione, in mancanza di specifiche pattuizioni tra le parti, si applicano i principi di correttezza e buona fede, in base ai quali il creditore deve salvaguardare il diritto del debitore di conseguire in tempi ragionevolmente contenuti la liberazione dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento. Il creditore è, quindi, tenuto ad agire tempestivamente, considerando le circostanze concrete e, in particolare, lo stato del processo esecutivo pendente. Infatti, si deve assolutamente evitare che dalla prosecuzione della procedura (la quale, come detto, non si arresta automaticamente per effetto del sopravvenuto pagamento) possa derivare un irreparabile danno all’esecutato. L’esigenza di procedere celermente alla rinuncia agli atti esecutivi trova ulteriore giustificazione nella salvaguardia dell’interesse dell’esecutato ad evitare che nella procedura – ancora pendente nonostante il pagamento – possano intervenire altri creditori. Il debitore potrebbe esigere immediatamente il deposito della rinuncia del pignorante, anche rappresentandogli circostanze che determinino l’urgenza di estinguere la procedura e di ottenere la cancellazione della trascrizione del pignoramento. (By Legge per tutti) Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'apposito decreto del Ministero dell'interno, la notifica delle multe in maniera telematica tramite posta elettronica certificata è ora realtà.
Con la trasmissione via p.e.c., in altre parole, il verbale di contestazione è a tutti gli effetti un atto notificato e conoscibile dall'automobilista, che non potrà eccepire di non aver controllato la propria casella e, quindi, di non averla ricevuta. Tempi per la notificaI tempi per la notifica restano gli stessi già previsti dal codice della strada. A tal fine la spedizione, per gli organi di polizia, coincide con il momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione e la notifica con il momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna. Quest'ultima fa piena prova dell'avvenuta notificazione del contenuto del messaggio ad essa allegato. Destinatari della notifica via pec sono soggetti nei confronti dei quali è possibile la notifica per mezzo della posta elettronica certificata sono: 1) colui che ha commesso la violazione e che, al momento dell'accertamento dell'illecito, ha fornito agli agenti che lo hanno fermato un valido indirizzo p.e.c. o che ha un domicilio digitale ai sensi del c.a.d. 2) il proprietario del veicolo con il quale è stata commessa la violazione o un altro soggetto obbligato in solido con chi la ha commessa che ha un domicilio digitale ai sensi del c.a.d. o che, in occasione dell'attività di accertamento dell'illecito, ha comunque fornito all'organo di polizia procedente un indirizzo di posta elettronica certificRicerca nei pubblici elenchi. Se l'autore della violazione non comunica l'indirizzo p.e.c. al momento della contestazione o se quest'ultima non è effettuata al momento dell'accertamento dell'illecito, l'ufficio da cui dipende l'organo accertatore o che ha redatto il verbale di contestazione deve ricercare l'indirizzo p.e.c. del proprietario del veicolo o di altro obbligato solidale nei pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni elettroniche ai quali può accedere.Contenuto della pecLa p.e.c. deve indicare nell'oggetto che si tratta "di atto amministrativo relativo ad una sanzione amministrativa prevista dal codice della strada". Ad essa vanno poi allegati degli specifici documenti: 1) una relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale, in cui devono essere riportate almeno la denominazione esatta e l'indirizzo dell'amministrazione e della sua articolazione periferica che ha provveduto alla spedizione dell'atto; l'indicazione del responsabile del procedimento di notificazione o di chi ha curato la redazione dell'atto notificato, se diverso; l'indirizzo e il numero di telefono dell'ufficio presso il quale si può esercitare il diritto di accesso; l'indirizzo p.e.c. a cui vengono notificati gli atti e l'elenco da cui è stato estratto o le modalità con cui è stato comunicato dal destinatario; 2) una copia per immagine su supporto informatico di documento analogico del verbale di contestazione eventualmente formato su supporto analogico, con attestazione di conformità all'originale sottoscritta con firma digitale o un duplicato o una copia informatica di documento informatico del verbale di contestazione con attestazione di conformità all'originale sottoscritta con firma digitale; 3) tutte le altre comunicazioni o informazioni utili al destinatario per l'esercizio del proprio diritto di difesa o di ogni altro diritto o interesse tutelato. In ogni caso tutti gli allegati o i documenti informatici che contengono degli allegati vanno sottoscritti con firma digitale e devono essere trasmessi con formati aperti, standard e documentati. Notifica pec impossibileSe la notifica via p.e.c. non è possibile, occorre distinguere il caso in cui l'impossibilità sia imputabile al destinatario da quello in cui essa sia connessa a qualsiasi altra causa. Nel primo caso, il notificante deve estrarre copia del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati, della ricevuta di accettazione e dell'avviso di mancata consegna o di qualsiasi altra documentazione di avviso di mancata consegna su supporto analogico e ne deve attestare la conformità ai documenti informatici da cui sono tratti. La notifica è quindi effettuata nei modi e nel rispetto delle forme e dei termini previsti dal codice della strada e dei suoi oneri si fa carico il destinatario. Nel secondo caso, la procedura di notificazione si svolge nei modi e nel rispetto delle forme e dei termini del codice della strada, anche in questo caso con oneri a carico del destinatario. (by Studio Cataldi). Il giudice del Tar ha imposto di levarlo ma Asmae Belfakir, praticante avvocata ha preferito lasciare l’aula. «Il giudice ha parlato di cultura e tradizione, non di legge. E il mio volto è scoperto, quindi sono perfettamente identificabile". Il presidente del Consiglio di Stato ha chiesto chiarimenti in merito alla vicenda.
E’ accaduto a Bologna, dove ad una giovane praticante di origine marocchina è stato negato di assistere ad un'udienza presso il Tar dell'Emilia-Romagna in quanto indossava il velo hijab. All’ingresso dell’aula di udienza, il giudice aveva fatto esporre un cartello: “Chi interviene o assiste all’udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio». Dunque, in base a tale disposizione, il giudice Giancarlo Mozzarelli ha imposto ad Asmae Belfakir, di levarsi il velo, in caso contrario avrebbe dovuto lasciare l'aula. La giovane i si è rifiutata ed ha preferito allontanarsi. Il giudice Mozzarelli ha fatto sapere di non voler rilasciare dichiarazioni sull’episodio. La giovane praticante presso l’ufficio legale dell’università, dove si è laureata a pieni voti cinque mesi fa con una tesi su diritto e religioni, ha così riferito: «Non mi era mai successo prima, ho assistito a decine di udienze, anche qui al Tar e nessuno mi aveva mai chiesto di togliere il velo. Nemmeno al Consiglio di Stato. Anche perché non si può assolutamente parlare di problema di sicurezza perché il velo tiene il volto scoperto e quindi sono perfettamente identificabile. Sono sconvolta». Il giudice avrebbe spiegato «che si tratta del rispetto della nostra cultura e delle nostre tradizioni», dunque, continua Belfakir, «ha parlato di cultura, nemmeno di legge». La praticante ha poi commentato: "L'aula di un tribunale dovrebbe essere laica e rispondere ai dettami della legge e a null'altro. Sono stata privata non solo di un diritto ma anche del mio dovere di praticante avvocato di seguire cosa succedeva in aula. Mi chiedo: se un giorno dovessi diventare avvocato o giudice, dovrò sempre difendere prima me stessa e poi i miei clienti?". Ora Belfakir chiede provvedimenti nei confronti del giudice ma intende anche "portare avanti una campagna culturale per fare in modo che le ragazze come me non debbano scontrarsi con questi muri ogni giorno. E' già estenuante farlo per strada, non lo possiamo fare anche nelle aule dei tribunali". Sulla vicenda è intervenuto il Presidente del Consiglio di Stato che ha chiesto chiarimenti sulla questione del velo in aula d'udienza. Dopo l'episodio, il dirigente dell'ufficio legale presso il quale Belfakir, sta svolgendo pratica di avvocato, ha avuto un colloquio telefonico col presidente del Tar dell'Emilia-Romagna, il quale ha assicurato che la ragazza potrà partecipare a tutte le udienze indossando il velo". Anche il coordinatore della comunità islamica di Bologna, Yassine Lafram, è intervenuto commentando l’episodio, "non esistono leggi che vietano di portare il velo in un tribunale". Il presidente del Centro islamico culturale d'Italia, noto come la Grande moschea di Roma, Khalid Chaouki ha espresso solidarietà ad Asmae Belfakir. Il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense Luigi Pansini ha così dichiarato: “Solidarietà a Asmae Belfakir, la giovane praticante avvocata nell’ufficio legale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, allontanata dall’aula di tribunale dal presidente del Tar dell’Emilia-Romagna per non essersi voluta scoprire il capo. Ferme restando le giuste prescrizioni per ragioni di sicurezza che prevedono l’obbligo di rendere riconoscibile il volto, vogliamo ribadire con fermezza l’esigenza che le aule dei tribunali siano luoghi di uguaglianza, non discriminazione, libertà e laicità, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, garantiti anche dalla nostra Carta Costituzionale”. (Altalex, 18 gennaio 2018) I messaggi Whatsapp e gli sms acquisiti dalla memoria del telefono dell'indagato sottoposto a sequestro devono essere considerati come documenti, con conseguente applicazione dell'articolo 234 del codice di procedura penale.
Lo ha chiarito la Corte di cassazione nella sentenza numero 1822/2018, aggiungendo che la loro acquisizione non soggiace, di conseguenza, alle regole stabilite dal codice di rito per la corrispondenza o per le intercettazioni telefoniche. Niente sequestro Più nel dettaglio, ai predetti messaggi rinvenuti in un telefono sottoposto a sequestro non si applica la disciplina prevista dall'articolo 254 c.p.p. sul sequestro di corrispondenza, in quanto la nozione di corrispondenza "implica un'attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito". Niente intercettazione Alla loro acquisizione non si estendono neanche le norme sulle intercettazioni, in quanto queste ultime hanno ad oggetto "la captazione di un flusso di comunicazioni in corso", mentre se si recuperano i messaggi da un telefono sequestrato non si fa altro che acquisire il dato che documenta quei flussi ex post, recuperandolo dalla memoria in cui è conservato. (By Studiocataldi) Continua la rivoluzione della digitalizzazione della giustizia. Dopo il processo civile telematico e il portale delle vendite pubbliche, arriva il Registro delle procedure di espropriazione forzata, di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi.
Si è svolto questa mattina, presso la Sala Livatino del Ministero della Giustizia, l’incontro del ministro Orlando con i rappresentanti di Abi, Banca d’Italia, Inps, durante il quale è stato illustrato l’avvio del “Registro delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi” realizzato dal Ministero della Giustizia. Il Registro ha l’obiettivo di rendere trasparente il mercato delle informazioni delle procedure esecutive, individuali e concorsuali, agevolando così la tutela dei creditori e dando al contempo l’indispensabile ausilio alle funzioni di vigilanza esercitate dalla Banca d’Italia. L’obiettivo è ridurre i tempi, salvaguardare il valore dei beni, tutelare i creditori, migliorare le performance del sistema giudiziario, anche nel settore fallimentare. Il Registro ha, inoltre, la funzione di agevolare la circolazione dei crediti incagliati, superando le asimmetrie informative che spesso ne condizionano la valorizzazione nelle procedure di liquidazione dei beni sottoposti ad esecuzione. “Si realizza in questo modo – ha dichiarato il ministro Orlando - un ulteriore tassello della politica di trasparenza perseguita dal Ministero, che completa le informazioni veicolate sul Portale delle vendite pubbliche, assicurando agli uffici un fondamentale sostegno nelle attività interessate dalla duplice relazione con il ceto creditorio e con il mercato delle vendite”. Il Portale web realizzato dal Ministero per ospitare il Registro mette a disposizione un’ampia gamma di informazioni sulle procedure esecutive immobiliari e sulle procedure concorsuali, attingendole dai registri informatizzati Siecic di cancelleria di tutti gli uffici giudiziari del territorio italiano. In particolare, le funzioni consentono di visualizzare il “profilo” di singole procedure o insiemi di procedure che rispondono a determinati criteri di ricerca. I criteri sono, per esempio, l’ufficio giudiziario di appartenenza, la tipologia di procedura (fallimentare, immobiliare, esattoriale, ecc.), il codice fiscale o la denominazione del debitore e del creditore. “Il sistema, che da oggi entra in una fase di sperimentazione concreta da parte dei soggetti interessati, rappresenta uno degli strumenti che fanno parte della grande eredità che lasciamo a chi verrà dopo. Quando sono arrivato in Via Arenula ho ereditato emergenze, chi arriverà dopo potrà confrontarsi con una situazione ordinaria, con più strumenti, con investimenti in innovazione, più risorse umane e finanziarie”, ha concluso il Guardasigilli. (Ministero della Giustizia, comunicato 11 gennaio 2018) La Legge di bilancio ha apportato rilevanti novità anche in materia di notificazione degli atti giudiziari.
\\nIl Legislatore è infatti intervenuto novellando il testo della l. 890/1982, la quale disciplina la tematica delle “Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”. \\nIl primo di tali interventi riguarda l'introduzione di un comma 3 al primo articolo della legge con il quale viene di fatto a cadere il "monopolio" di Poste Italiane nel servizio di notificazione degli atti giudiziari, aprendo il servizio anche ai gestori di servizi postali privati. \\nAltre novità significative riguardano l'art. 3 della disposizione, la quale adesso, nel testo riformato, così prevede: “Per le notificazioni di atti in materia civile e amministrativa effettuate prima dell'iscrizione a ruolo della causa, o del deposito del ricorso, l'avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante o il suo procuratore quando sia stato già nominato. Per le notificazioni in materia penale e per quelle in materia civile e amministrativa effettuate in corso di procedimento, sull'avviso di ricevimento e sul piego devono essere indicati come mittenti, con indicazione dei relativi indirizzi, ivi compreso l'indirizzo di posta elettronica certificata ove il mittente sia obbligato per legge a dotarsene, la parte istante o il suo procuratore o l'ufficio giudiziario, a seconda di chi abbia fatto richiesta della notificazione all'ufficiale giudiziario. In ogni caso il mittente che non sia gravato dall'obbligo di cui al periodo precedente può sempre indicare un indirizzo di posta elettronica certificata ai fini della trasmissione della copia dell'avviso di ricevimento ai sensi dell'articolo 6. Nei casi in cui il cancelliere deve prendere nota sull'originale del provvedimento dell'avvenuta notificazione di un atto di impugnazione o di opposizione, la ricevuta di ritorno deve indicare come mittente l'ufficiale giudiziario tenuto a dare avviso dell'impugnazione o dell'opposizione.” \\nDa notare come adesso vi è l'obbligo nell'indicazione del mittente di annotare anche l'indirizzo PEC per i soggetti che, in virtù di altre disposizioni normative, sono obbligati a dotarsene. \\nParticolarmente interessante è anche il nuovo comma 4 dell'art. 7, il quale prevede che “4. Se il destinatario o le persone alle quali può farsi la consegna rifiutano di firmare l'avviso di ricevimento pur ricevendo il piego, ovvero se il destinatario rifiuta il piego stesso o di firmare documenti attestanti la consegna, il che equivale a rifiuto del piego, l'operatore postale ne fa menzione sull'avviso di ricevimento indicando, se si tratti di persona diversa dal destinatario, il nome ed il cognome della persona che rifiuta di firmare nonché la sua qualità, appone la data e la propria firma sull'avviso di ricevimento che è subito restituito al mittente in raccomandazione, unitamente al piego nel caso di rifiuto del destinatario di riceverlo. Analogamente, la prova della consegna è fornita dall'addetto alla notifica nel caso di impossibilità o impedimento determinati da analfabetismo o da incapacità fisica alla sottoscrizione.” \\nL'ultima delle più rilevanti modifiche su cui si ritiene opportuno richiamare l'attenzione è il nuovo art. 8. Esso detta una analitica regolamentazione relativa alle ipotesi di mancanza del destinatario. \\nLa nuova regolamentazione, invero non stravolge completamente l'assetto antecedente, è tuttavia risulta arricchita di aspetti innovativi (come quello della possibilità di ritirare il plico in giacenza con modalità telematica) e coordinanti con il venir meno del monopolio di Poste Italiane. \\nIn altri termini, l'apertura del “mercato” delle notificazioni ad altri operatori economici ha comportato la necessità di introdurre meccanismi di controllo relativi alla corretta conservazione delle giacenza e affinché il destinatario delle comunicazioni che debba recarsi presso i punti di giacenza non abbia a dover subire un pregiudizio causato dalla mancata capillare organizzazione del gestore del servizio. (by Altalex) L'espressione “ve la farò pagare”, profferita in un contesto caratterizzato da forti tensioni fra dichiarante e destinatari, nonchè da pregresse plurime denunce reciproche, non integra l'elemento materiale della minaccia, in quanto può essere ragionevolmente interpretata come riferita all'esercizio di azioni giudiziarie, la cui prospettazione, attraverso la generica espressione in questione, non implica un danno ingiusto afferendo all'esplicazione di un diritto.
\nÉ quanto si ricava dalla pronuncia della Cassazione penale, sez. V, sentenza 26/09/2017 n° 44381, emessa a seguito di impugnazione della sentenza con cui il giudice di pace di Bologna aveva condannato il ricorrente alla pena della multa di 400 euro per i reati di ingiuria (art. 594 c.p.) e minaccia (art. 612 c.p.). \nNell'atto di impugnazione, l'imputato lamentava, quanto al reato di ingiuria, la mancata applicazione della scriminante della provocazione (art. 599 c.p.) in ragione delle forti tensioni esistenti fra le parti; quanto al reato di minaccia, la mancanza del contenuto minaccioso nell'espressione “ve la farò pagare”, essendo l'espressione riferita a possibili future azioni giudiziarie. \nLa Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, precisando con motivazione semplificata che: elemento essenziale nel reato di minaccia è la limitazione della libertà psichica, mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto, deducibile dalla situazione contingente, possa essere cagionato dall'autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente nella vittima medesima; tale elemento difettava nel caso di specie poichè l'espressione oggetto di contestazione, calata nella situazione concreta contingente nell'ambito della quale era stata proferita, caratterizzata da forti tensioni tra le parti e da pregresse reciproche azioni giudiziarie, poteva logicamente ritenersi riferita all'esericizio di nuove azioni giudiziarie non implicanti un danno ingiusto in quanto costituenti esplicazione di un diritto. \nSulla scorta di tali argomentazioni la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza gravata, in relazione al reato di minaccia per insussistenza del fatto. ![]() Al via la riforma dei Giudici Onorari. Il Governo ha approvato in via preliminare il Decreto Legislativo che è, ora, all'esame delle Commissioni Giustizia dei due rami del parlamento. Con il provvedimento si introducono:
La competenza per valore sulle cause che hanno per oggetto beni mobili viene estesa fino a 30mila euro, dai precedenti 5mila, che diventano 50mila per gli incidenti stradali al posto dei precedenti 20mila. Il giudice di pace avrà poi la possibilità di decidere secondo equità tutte le cause di valore fino a 2.500 euro. Estesa la competenza a tutte le controversie in materia condominiale che sono anche oggetto di mediazione, previsione fortemente contestata da Confedilizia. Ma l’aumento delle competenze investe anche il penale, dove viene assegnata ai giudici di pace la giurisdizione sulle minacce aggravate, sulle contravvenzioni per il rifiuto di indicazione al pubblico ufficiale di informazioni sulla propria identità personale e quelle relative all’abbandono e uccisione di animali. Infine, al giudice di pace è attribuita competenza sulle contravvenzioni per la sicurezza alimentare. Di seguito il link per scaricare il testo integrale del decreto. ![]()
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