Studio Legale Associato Carugno & Cimarelli
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Approvata alla Camera dei Deputati la legge sul divorzio breve. Ora tocca al Senato.

30/5/2014

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Il testo unificato approvato dalla Camera (C. 831-892-1053-1288-1938-2200-A) interviene sulla disciplina dello scioglimento del matrimonio, con l'obiettivo di anticipare il momento di possibile presentazione della domanda di divorzio.

Con un ulteriore intervento sul codice civile si intende inoltre anticipare anche il momento dell'effettivo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi.

E', infine, prevista una disciplina transitoria.

I contenuti del testo unificato approvato dalla CameraIl testo unificato modifica la legge sul divorzio (n. 898/1970) laddove (art. 3) attualmente prevede che:

  • lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi nel caso in cui sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi ovvero è stata omologata la separazione consensuale;
  • ai fini della proposizione della domanda di divorzio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni, a decorrere dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale.
Le modifiche introdotte dall’art. 1 del testo approvato:

  • riducono a dodici mesi la durata del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che legittima la domanda di divorzio, nel caso di separazione giudiziale; tale termine decorre dalla notificazione della domanda di separazione;
  • riducono, inoltre, a sei mesi il periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che permette la proposizione della domanda di divorzio nel caso in cui la separazione sia consensuale; in tale caso, il termine di sei mesi decorre dalla data di deposito del ricorso oppure dalla data della sua notificazione qualora il ricorso sia presentato da uno solo dei coniugi; 
  • prevedono che, se alla data di instaurazione del giudizio di divorzio sia ancora pendente la causa di separazione in relazione alle domande accessorie, la causa debba essere assegnata al giudice della separazione personale.
Inoltre, il testo modifica l'art. 189 delle disposizioni di attuazione del c.p.c. che attualmente stabilisce che l'ordinanza con cui il presidente del tribunale o il giudice istruttore, in sede di udienza di comparizione per separazione personale, adotta i provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse dei figli e dei coniugi, conserva efficacia anche dopo l'estinzione del processo, fino a che non sia sostituita da altro provvedimento emesso a seguito di nuovo ricorso per separazione personale.

La modifica introdotta prevede la conservazione dell'efficacia dei provvedimenti anche a seguito di ricorso per la cessazione degli effetti civili o per lo scioglimento del matrimonio.

E’ poi modificato l'art. 191 del codice civile, relativo allo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi. Lo scioglimento della comunione dei beni è anticipato:

  • al momento in cui il presidente del tribunale, in sede di udienza di comparizione, autorizza i coniugi a vivere separati;
  • ovvero alla data di sottoscrizione del verbale di separazione consensuale, se omologato.
E’ inoltre stabilito che, qualora i coniugi siano in regime di comunione legale, la domanda di separazione è comunicata all’ufficio dello stato civile ai fini dell’annotazione a margine dell’atto di matrimonio.

L’ordinanza presidenziale con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione.

La domanda di divisione della comunione legale tra i coniugi può essere introdotta unitamente alla domanda di separazione o di divorzio (attualmente, presupposto della domanda di divisione è la pronuncia definitiva di separazione per cui, prima di tale momento, manca il titolo per richiederla).

In fine, in base alla disciplina transitoria prevista dal provvedimento, i nuovi termini ridotti di separazione per la proposizione della domanda di divorzio si applicano alle domande di divorzio proposte dopo la data di entrata in vigore del provvedimento in esame, anche in caso di pendenza alla stessa data del procedimento di separazione personale.

Di seguito si puo' scaricare il testo della legge.

divorzio_breve.pdf
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Arriva il divorzio istantaneo.

25/4/2014

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Separazioni e divorzi brevi. Anzi, brevissimi. Perché la coppia che sceglie di dirsi addio in modo consensuale non comparirà mai davanti a un giudice. Tutto si risolverà con un accordo tra i coniugi assistiti dai rispettivi avvocati. È una vera e propria rivoluzione quella che il ministro della Giustizia Andrea Orlando annuncia tra le misure di un imminente provvedimento (forse anche un decreto legge) per far fronte all’enorme mole di processi civili pendenti (5,4 milioni), causa di infinite lentezze e freno alla crescita economica. È la prima volta che il Guardasigilli espone alle Camere il suo programma. Lo fa in commissione Giustizia, al Senato, mettendo in chiaro che ci sono quattro emergenze da affrontare subito (arretrato civile, sovraffollamento carcerario, mancanza di personale, lotta alla criminalità organizzata) per «bonificare il campo». Solo in un secondo momento, in giugno, si potrà fare una riforma della giustizia «che abbia un respiro complessivo».

Intanto le emergenze. E per quella che affligge il settore civile, gli uffici di Orlando hanno già pronta una bozza di testo da portare in uno dei prossimi Consigli dei ministri per «favorire la composizione dei conflitti in via stragiudiziale e per deflazionare il contenzioso». Tradotto in altri termini: le cause pendenti che ingolfano i tribunali verranno risolte con procedure alternative o trasferite in una sede arbitrale. Vi rientrano le separazioni e i divorzi (ma non il lavoro, la previdenza e l’assistenza).
L’Italia intende così rifarsi al modello francese di «procedura di negoziazione assistita da un avvocato». La previsione - spiega Orlando - è che «l’accordo dei coniugi assistiti dagli avvocati superi la necessità dell’intervento giurisdizionale, tranne nei casi di figli minori o portatori di grave handicap». Recentemente la Commissione giustizia della Camera ha approvato un testo bipartisan sul divorzio breve (un anno dalla separazione consensuale contro i tre attualmente previsti per legge), ma il provvedimento di Orlando introduce l’ulteriore novità dell’accordo senza mettere piede in tribunale.
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Separazione. Quando è possibile un solo avvocato.

18/4/2014

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Avvocato assiste entrambi i coniugi? Dopo non può seguirne uno contro l'altro Cassazione civile , SS.UU., sentenza 07.04.2014 n° 8057 Il difensore che abbia svolto attività di assistenza, anche soltanto formale, a favore di entrambi i coniugi nel procedimento di separazione è considerato difensore di entrambi i coniugi anche in assenza di una prova del conferimento formale dell'incarico. L'assistenza, anche solo formale, a favore di entrambi i coniugi nel corso del giudizio di separazione è sufficiente per far scattare il divieto sancito dall'art. 51, primo canone, del codice deontologico forense del 17 aprile 1997, divieto ora ripresto dall'art. 68, quarto comma, del codice deontologico forense attualmente vigente.

In questa sentenza le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono ritornate su un tema di particolare rilievo in ambito deontologico, ossia il divieto per il difensore dei coniugi nel procedimento di separazione consensuale di assistere uno dei coniugi in successivi procedimenti relativi ai medesimi rapporti familiari; divieto espressamente stabilito dall’art. 51, primo canone, del codice deontologico forense del 1997 (ora testualmente ripresto dall'art. 68, quarto comma, del nuovo codice deontologico forense). Nello specifico, le Sezioni Unite hanno affermato che tale divieto opera anche nel caso in cui l'avvocato abbia svolto attività di assistenza solo formale nei confronti di entrambi i coniugi (ad esempio, ricevendoli entrambi in studio e assistendoli in udienza); e ciò pure in mancanza di una prova effettiva del conferimento materiale dell’incarico da parte di uno dei due coniugi.


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Nozze gay. Il Tribunale di Grosseto ne ordina la trascrizione.

14/4/2014

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L'Italia, o almeno Grosseto, apre ai matrimoni gay. Il tribunale di Grosseto ha ordinato al Comune di trascrivere nei registri di stato civile il matrimonio fra due uomini, italiani (un architetto e un giornalista), celebrato con rito civile nel dicembre 2012 a New York. Secondo il giudice, nel Codice civile «non è individuabile alcun riferimento al sesso in relazione alle condizioni necessarie al matrimonio».

Il tribunale toscano ha deciso sul ricorso presentato dalla coppia dopo che l'ufficiale di stato civile del Comune di Grosseto si era rifiutato di trascrivere nei registri di stato civile l'atto di matrimonio, ritenendo, fra l'altro, che non fosse possibile farlo perché la normativa italiana non consente che persone dello stesso sesso possano contrarre matrimonio.

Il tribunale di Grosseto, invece, ha ordinato la trascrizione nel registro di Stato civile perché non è «previsto, nel nostro ordinamento, alcun ulteriore diverso impedimento derivante da disposizioni di legge alla trascrizione di un atto di matrimonio celebrato all'estero» e perché la trascrizione non ha natura «costitutiva ma soltanto certificativa e di pubblicità di un atto già valido di per sé».

Fra l'altro, il giudice di Grosseto cita la Corte europea dei diritti dell'uomo che «non ritiene più che il diritto al matrimonio» debba essere «limitato in tutti i casi al matrimonio tra persone di sesso opposto» e che ha affermato come il diritto al matrimonio abbia «acquisito un nuovo e più ampio contenuto, inclusivo anche del matrimonio contratto tra due persone dello stesso sesso».
Corte costituzionale e Corte di cassazione in due sentenze emesse a un anno una dall'altra avevano sottolineato che il Parlamento italiano era perfettamente legittimato a legiferare sul matrimonio anche per le coppie omosessuali. La Cassazione aveva persino scritto che è radicalmente superato il requisito delle differenza di sesso per contrarre matrimonio, lo stesso concetto che sembra abbia usato il tribunale di Grosseto.

Ancora nel 2012, infatti, la Cassazione con la sentenza n. 4184, aveva affrontato il caso di due uomini che si erano sposati nel 2002 a L'Aja e avevano poi chiesto la trascrizione del certificato di nozze, come atto pubblico, al comune di Latina dove erano residenti. Dopo il rifiuto del Comune «in forza di precise istruzioni impartite dal ministero dell'Interno» e sulla base del Dpr 396/2000 che vieta la trascrizione di atti contrari all'ordine pubblico, la coppia aveva fatto ricorso prima in Tribunale e poi alla Corte d'Appello di Roma, perdendoli però entrambi.

La Cassazione aveva però messo in evidenza come se il matrimonio omosessuale è intrascrivibile ciò non dipende più da «inesistenza» e neppure da «invalidità» ma unicamente dalla «inidoneità a produrre qualsiasi effetto giuridico nell'ordinamento italiano»
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Coniugi separati. Non e' reato minacciare l'altro che nega il figlio affidato.

11/4/2014

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Visita al figlio negata: marito che minaccia la moglie non commette reato

Cassazione penale , sez. V, sentenza 21.02.2014 n° 8431 (Matteo Santini)

Non commette reato di ingiuria e minaccia l'ex marito che litiga con la moglie che non gli vuole far vedere il figlio, purchè il giudice accerti la sussistenza o la probabilità dell'esimente.

E' quanto stabilito dalla Suprema Corte nella sentenza 21 febbraio 2014, n. 8431.

La lite tra i due coniugi era scaturita a seguito del divieto espresso dalla ex moglie nei confronti dell'imputato, di poter far visita alla propria figlia. La donna aveva rifiutato di consegnargli la bambina accampando il suo stato di ubriachezza, non confermato dagli agenti intervenuti sul posto. A seguito di tale condotta , l'uomo aveva reagito con minacce e ingiurie.

Le considerazioni di diritto alla base della motivazione presa della Suprema Corte di Cassazione ruotano intorno all'analisi dell'art 62 c.p., che in particolare al n. 2  prevede che attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze attenuanti speciali, l'aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui.
Tale circostanza attenuante avente natura soggettiva, ricorre sotto la definizione di provocazione. L'ingiustizia del fatto, che deve essere oggettivamente riscontrabile, è tale non solo sotto il profilo strettamente giuridico, ma anche per quanto concerne il rispetto delle regole della civile convivenza incontrollabile, fonte della condotta criminosa.

Circa l'applicabilità dell'articolo in esame, è previsto che il giudice di legittimità pronunci sentenza di assoluzione quando vi sia anche il semplice dubbio sull' esistenza di una causa di giustificazione; dubbio che deve essere ricondotto a quello contemplato dalle nozioni di “insufficienza”  e “contradditorietà” delle prove di cui all'art. 530 comma 2 c.p.p.

In caso di allegazione di una causa di giustificazione da parte dell'imputato, incombe su quest'ultimo un vero e proprio onere di produzione degli elementi di indagine al fine di porre il giudice nella condizione di decidere. Al contrario, nell'ipotesi in cui, l'onere probatorio rimane assorbito dall'acquisizione nell'istruttoria dibattimentale di elementi idonei a rivelare l'astratta configurabilità dell'esimente, come nel caso in esame, è compito del giudice procedere ad un'indagine sulla configurabilità e sulla sussistenza ti tale esimente, eventualmente ricorrendo ai suoi poteri di integrazione probatoria. 

E' proprio intorno all'onere probatorio dell'esistenza o meno dell'esimente della provocazione che si sviluppa la vicenda in esame.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte di Cassazione, quest'ultima ha ritenuto accoglibile il ricorso dell'imputato proprio in ragione della condotta “manchevole” del Giudice di Pace il quale per poter condannare l'uomo, proprio sulla base di quanto sopra esposto, avrebbe dovuto motivare le ragioni per cui il rifiuto manifestato dalla donna, consistente nel non voler consegnare la bambina al padre, poteva ritenersi giusto e dunque inidoneo alla configurazione dell'esimente della provocazione o, come si legge in sentenza “ avrebbe dovuto approfondire il tema di indagine qualora avesse ritenuto insufficiente il quadro probatorio acquisito, atteso che l'eventuale dubbio sull'esistenza di una causa di giustificazione, per prova insufficiente o per un mero principio di prova, e quindi al di fuori di casi in cui la causa di giustificazione sia soltanto allegata dalla parte e non provata, comporta l'assoluzione dell'imputato”. (Cass. Pen., sez. I,13 maggio 2010, n. 2086).
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Divorzio breve. Ok in commissione alla Camera.

9/4/2014

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Divorzio breve in un anno, in 9 mesi in assenza di figli: sì unanime in commissione al testo base


La commissione Giustizia della Camera ha ottenuto un via libera unanime al testo base che riguarda il divorzio breve. Lo ha annunciato la correlatrice Alessandra Moretti (Pd) esprimendo «soddisfazione per questo primo, importante passo nell'iter del divorzio breve». Il testo, che mette insieme le proposte della democratica Alessandra Moretti e di Luca D'Alessandro(Fi), ha avuto «l'ok di tutte le parti politiche in Commissione», ha sottolineato la Moretti. 

 
Ecco la tabella di marcia. «I termini per la presentazione degli emendamenti scadono alla fine di questo mese e il 24 aprile ci saranno le audizioni - ha dichiarato Moretti- se andiamo di questo passo sono fiduciosa che il testo possa approdare in aula entro maggio», augurandosi che il percorso di questa legge, «per troppe volte rimandata nelle scorse legislature, possa essere rapido, anche grazie all'accordo preso dai presidenti di Camera e Senato che hanno previsto tempi stretti per la calendarizzazione del provvedimento».

 
Il testo base prevede che il divorzio breve intercorre a «dodici mesi dal deposito della domanda di separazione», mentre oggi ne servono tre. Nelle separazioni consensuali dei coniugi, in assenza di figli minori, il termine «è di nove mesi». Innovazione importate il fatto che la decorrenza del tempo non partirebbe dalla prima udienza di fronte al presidente del Tribunale, ma dal deposito della domanda di divorzio. Il testo prevede poi, all'articolo 2, che in caso di separazione personale, «la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui, in sede di udienza presidenziale, il presidente autorizza i coniugi a vivere separati».

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 Divorzio. E' possibile scegliere la casa al mare.

14/2/2014

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La Cassazione, con la sentenza 10.02.2014 n. 2952 ha trattato un caso relativo alle statuizioni consequenziali alla declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimonio ed, in particolare, a quelle che riguardano la casa coniugale nel caso in cui si preferisca vivere in un posto diverso magari nella seconda casa, quella di solito utilizzata per trascorrere le vacanze estive.

La sentenza, in alcuni passaggi, si occupa anche di valutare le motivazioni delle corti precedenti relative all'assegno di mantenimento.


Continua a leggere su : http://www.sentenze-cassazione.com/divorzio-casa-coniugale-casa-le-vacanze/#ixzz2tJnL4Wp6


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In pendenza di separazione l'eredità ricevuta incide sull'assegno di mantenimento.

13/2/2014

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I beni ricevuti in eredità possono essere oggetto di valutazione della capacità economica del coniuge ai fini della decisione e determinazione dell'assegno di mantenimento.

Cassaz.Civ. Sez. VI Ord.5.2.14 n.2542
Fatto e diritto
1. Con ricorso del 18 giugno 2009 G.M. ha chiesto la modifica dell’ammontare dell’assegno divorzile dovuto nei confronti dell’ex coniuge C.M. (450 Euro mensili) e dell’assegno di mantenimento della figlia G.T. (300 Euro mensili) in base alla sentenza n. 6272/08 del Tribunale di Roma, passata in giudicato, per intervenute mutate condizioni economiche o soggettive dei beneficiari consistenti nella percezione di una cospicua eredità da parte della C. e nel rifiuto della figlia trentatrenne T. di ricercare attività lavorative.

2. Il Tribunale di Roma ha ridotto, con decorrenza dalla domanda, da Euro 450 a 350, l’ammontare dell’assegno divorzile e ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della C. relativamente alla richiesta di riduzione dell’assegno di mantenimento della figlia maggiorenne.

3. Il G. ha proposto reclamo contro il decreto del Tribunale contestando il ritenuto difetto di legittimazione in considerazione della convivenza della figlia con la madre e ritenendo non adeguatamente valutate le attuali condizioni economiche della C.
4. Si è costituita la C. che ha contestato l’affermazione relativa alle proprie condizioni patrimoniali dato che ella aveva già speso metà dell’eredità paterna per potersi mantenere dopo la separazione in conseguenza del rifiuto del G. di corrispondere l’assegno impostogli in sede giudiziaria. Ha fatto rilevare che la figlia T. aveva agito autonomamente nei confronti del padre per ottenerne la condanna alla corresponsione di un assegno di mantenimento.

5. La Corte di appello di Roma, con decreto n. 53377/2012, ha respinto il reclamo relativamente all’assegno di mantenimento della figlia mentre lo ha accolto quanto alla richiesta di revoca dell’assegno divorzile in base alle mutate condizioni economiche dei due ex coniugi.

6. Propone ricorso per cassazione la C. deducendo la violazione e mancata applicazione dell’art. 5, sesto e nono comma, della legge n. 898/70 e successive modificazioni. La ricorrente si duole che la Corte territoriale si sia limitata a prendere in esame solo i sopravvenuti motivi senza porre a confronto la situazione reddituale dei due coniugi per verificare l’adeguatezza dei mezzi economici da lei disponibili. Inoltre ritiene che la Corte di appello avrebbe dovuto verificare l’effettiva consistenza del capitale residuato al marzo 2012 e avrebbe dovuto richiedere al G. il deposito della documentazione dei suoi redditi ai fini fiscali ovvero disporre le indagini ispettive previste dall’art. 5 citato.

7. Si difende con controricorso G.M. .
Ritenuto che:

8. Il ricorso è inammissibile in quanto dichiaratamente è rivolto a riaprire una complessiva valutazione delle situazioni reddituali degli ex coniugi senza indicare quali sarebbero i motivi sopravvenuti che renderebbero necessario tale accertamento e renderebbero illegittima la sola valutazione del fattore modificativo dedotto e dimostrato in questo giudizio e cioè l’eredita pervenuta alla odierna ricorrente.
9. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

La Corte condivide pienamente tale relazione ma ritiene che il ricorso debba essere rigettato e non dichiarato inammissibile in quanto la ricorrente fa valere, con riferimento alla giurisprudenza di legittimità, anche la pretesa irrilevanza dell’acquisto ereditario successivo alla separazione e al divorzio.
Tale deduzione deve ritenersi infondata proprio con riferimento alla giurisprudenza citata (Cass. civ. sezione I n. 23508 del 19 novembre del 2010) con la quale è stato affermato che i beni acquisiti per successione ereditaria dopo la separazione, ancorché non incidenti sulla valutazione del tenore di vita matrimoniale perché intervenuta dopo la cessazione della convivenza, possono tuttavia essere presi in considerazione ai fini della valutazione della capacità economica del coniuge onerato (e quindi anche ai fini della valutazione della capacità economica del coniuge beneficiario). Infine va respinta la censura della ricorrente secondo cui la Corte di appello non avrebbe verificato l’effettiva consistenza del capitale residuato al marzo 2012.
La motivazione del decreto impugnato esamina specificamente tale profilo e rileva che all’attualità residua a favore della C. una somma capitale di 274.000,00 Euro che potrà costituire una fonte di reddito di oltre 2.000 Euro mensili per almeno dieci anni.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione in relazione alla condizione economica delle parti e in particolare alla persistente mancanza di reddito da lavoro della C. e alla necessità del G. di fare fronte alle proprie esigenze abitative con il proprio reddito da pensione e all’obbligo di contribuire al mantenimento della figlia.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.



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Matrimonio bianco ? Licenza di tradire !

12/2/2014

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La Corte di Cassazione, con la ordinanza  5 febbraio 2014 n. 2539, di fatto legittima l’adulterio.

Ma ad una condizione: cioè che l’altro coniuge, in questo caso la moglie, lasci il “traditore” in bianco e per un lungo periodo.

Infatti  se la moglie si rifiuta per anni di aver rapporti sessuali con il marito, lui può correre ai ripari trovandosi un'amante senza che gli venga addebitata la responsabilità della fine del matrimonio.

Questo il principio sancito nella sentenza della suprema Corte.

Nel caso esaminato dalla Corte, tra l’altro avvenuto a Pescara, l'uomo era stato accusato dall'ex moglie di aver lasciato la casa coniugale per andare a convivere con una nuova compagna.

Secondo la ricorrente il rapporto coniugale era stato messo in crisi proprio dalla relazione extraconiugale del marito.

Il marito, invece replica alle accuse della moglie e per convincere la Corte sostiene la tesi della fine della comunione fisica tra i coniugi.

Per la Cassazione è una buona ragione.

Pur ammettendo che l'obbligo di fedeltà coniugale è una norma di condotta imperativa, la cui violazione causa normalmente la separazione con addebito a carico di chi trasgredisce, la Suprema corte ritiene che sia necessario constatare l'esistenza di un nesso di causalità tra il tradimento e la rottura.

Un onere della prova che incombe su chi chiede l'addebito e che la moglie non è stata in grado di soddisfare. La signora non nega il matrimonio "bianco" ma ribatte sulla volontà unilaterale del marito di porre fine al matrimonio, nonostante la sua manifestata disponibilità a riprendere il mènage anche dopo la fuga con l'amante. Per la Cassazione però non basta in presenza di «una situazione di esaurimento della comunità morale e affettiva fra i coniugi».

Da qui il rigetto del ricorso.


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Col Dec.Leg.vo 154 del 2013 passi verso la famiglia di fatto.

11/2/2014

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Il 7 febbraio del 2014 è entrato in vigore il decreto legislativo 154 del 2013.
Il testo regola le nuove norme sull'affiliazione rendendo di fatto equiparati i figli naturali e quelli legittimi.
Per la prima volta un testo normativo cola le lacune che prima erano temperate dalla giurisprudenza.
Fai clic qui per effettuare modifiche.
La normativa regola vari aspetti della nascita in coppie "libere" ed ovviamente anche quelli successori.
Poi sono ben regolamentate le norme relative ai doveri genitoriali ed agli obblighi di educazione, crescita ed assistenza.

Art. 39
Modifiche all'articolo 316 del codice civile
1. L'articolo 316 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Art. 316.
Responsabilità genitoriale
Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.
Il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio.
Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è fatto dai genitori, l'esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi.
Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale vigila sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio.".

(Art. 40
Articolo 316-bis del codice civile
1. Dopo l'articolo 316 del codice civile è inserito il seguente:
"Art. 316-bis.
Concorso nel mantenimento
I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinchè possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole.
Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.)

L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.
Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.".
Infine sono regolate le vicende che riguardano lo scioglimento della coppia genitoriale e tutte le procedure per regolare la dovuta assistenza ai figli naturali. (art.55 e segg.).



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