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Istituito con D.M.19 settembre 2013 dal Ministro della Giustizia, il gruppo di lavoro - noto anche come Commissione monitoraggio – cui è stato attribuito il compito di monitorare lo stato di realizzazione della riforma introdotta dai decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012, rilevare eventuali criticità e proporre idonee soluzioni organizzative e normative, da adottare nell’arco di tempo concesso per l’emanazione dei decreti correttivi, il 4 giugno scorso ha dato alle stampe la “Relazione finale sulla nuova geografia giudiziaria”. Un testo di 125 pagine compreso l’indice e le schede, sui cui risultati i fautori dei “tagli” voglio legare il Ministro Orlando affinché non abbia ripensamenti. Tralasciando la questione di un superamento “politico” della relazione del gruppo di studio, che esula da questo contributo, appare opportuno segnalare alcuni errori di base contenuti nella relazione.
Errori di metodo.La Commissione dà atto di aver proceduto a numerose audizioni: «Un secondo filone di attività della commissione ha riguardato l’audizione di numerosi esponenti dei Tribunali e delle Sezioni Distaccate soppressi; in particolare, Avvocatura, Parlamentari, Consiglieri Regionali ed Amministratori locali dei territori degli uffici giudiziari accorpati che avevano formulato espressa istanza in tal senso (pag. 2)». Audizioni - molte delle quali - volte ad evidenziare le “criticità” derivanti dalla riforma della geografia giudiziaria, ben note a chi si trova ad operare sui territori interessati. Tuttavia, secondo la Commissione «non si è tuttavia proceduto a specifiche verifiche mirate ad accertare la corrispondenza di quanto lamentato nel corso delle audizioni alla concreta realtà degli uffici, rimettendo all’On. Ministro ogni valutazione sulle successive possibili iniziative da intraprendere, alcune delle quali sono prospettate nella parte finale della presente relazione (pag. 2)». Quindi, stando al tenore letterale del testo, il Ministro dovrebbe – entro il 13 settembre 2014, data finale per l’emissione dei decreti correttivi – valutare le iniziative da intraprendere. Ma per fare ciò il Ministro dovrebbe verificare sul campo le criticità evidenziate nel corso delle audizioni. Il che contrasta con l’attività che era propria della Commissione ossia «di rilevare eventuali criticità e proporre idonee soluzioni organizzative e normative, da adottare nell’arco di tempo concesso per l’emanazione dei decreti correttivi».
Verifica che invece era più che necessaria, visto che la stessa Commissione afferma che «va segnalato quanto agli esponenti degli Enti locali e dell’Avvocatura - tutti sentiti a specifica richiesta - che quelli espressione degli uffici giudiziari soppressi hanno prospettato criticità conseguenti alla revisione delle circoscrizioni, mentre i rappresentanti degli uffici giudiziari accorpanti hanno evidenziato i vantaggi e la maggior efficienza apportata dalla riforma (si fa rinvio per il dettaglio alle schede relative ai singoli uffici) pag. 4».
L’incoerenza metodologica della commissione, che ha anche un inaspettato effetto, è questa: gli aspetti critici evidenziati dai rappresentati dei territori, non sono stati tenuti in conto, in presenza delle positive ricadute della riforma evidenziate dai capi degli uffici giudiziari. Però, stante che le criticità sono un dato oggettivo e non un’opinione, il problema diventa quello di identificare la portata delle criticità nel tempo, che persisteranno indipendentemente da questa o quella relazione di un capo di ufficio giudiziario. Detto in altre parole: se vi sono delle criticità, la domanda è se sono risolvibili nel breve, medio o lungo periodo. Infatti, è la previsione delle criticità che servirà a valutare l’impatto della riforma sull’efficienza della giustizia riformata e non viceversa. La conseguenza di ciò è che le criticità ricadranno interamente a carico di chi opera sul territorio, compresi i cittadini.
E qui vi è una conclusione della relazione che suscita più di una perplessità. Nella capitolo della relazione dedicato alla “Criticità di sistema ed interventi di supporto (pag. 118)”, la commissione rileva che «va dato atto che l’intervento normativo eseguito ha fatto emergere alcuni fattori di inefficienza del sistema complessivo; si cercherà pertanto nella parte che segue di fornire all’On. Ministro alcuni suggerimenti in relazione a specifiche azioni di supporto che, se poste in essere, potranno determinare con maggiore certezza e rapidità gli effetti positivi attesi dalla riforma e, comunque, comportare un generale miglioramento di sistema dell’attività giudiziaria (pag. 119)». E tra i suggerimenti spicca, per “certezza e rapidità” il seguente: «E’ infine certamente necessaria un’azione volta al miglioramento del trasporto pubblico al fine di agevolare sul territorio nazionale i collegamenti viari coerenti con il nuovo assetto degli uffici giudiziari scaturito dall’intervento di riforma posto in atto. Tale attività esula certamente dalle competenze del Ministero della Giustizia, ma si suggerisce al Sig. Ministro un’azione di impulso presso tutte le sedi istituzionali competenti (pag. 122)». Tradotto in termini tecnici, la commissione suggerisce al Ministro di avviare una campagna di investimenti per il trasporto pubblico, con buona pace della spending review di cui alla legge delega 148/2011, per far fronte alle criticità nascenti dalla riforma della geografia giudiziaria.
Errori di interpretazione dell’art. 1, comma 2 lettera b L. 148/2011 (legge delega riordino geografia giudiziaria).Con la norma in esame, si è delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, nel rispetto di questi due criteri:
a) ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire la permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011;
b) ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane;
Quindi, “ridurre” gli uffici di primo grado e “ridefinire” l’assetto territoriale degli uffici giudiziari “anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi”. La norma non prevede la mera riduzione degli uffici giudiziari ma la riduzione anche a mezzo ridefinizione dell’assetto territoriale, attraverso le “attribuzioni di porzioni di territori a circondari limitrofi”. Poniamoci quindi questa domanda: accanto alla “riduzione” è ipotizzabile la “costituzione” di uffici giudiziari a mezzo l’attribuzione – ad un unico tribunale – di porzioni di territori di circondari limitrofi? È possibile ciò attraverso un decreto correttivo di prossima scadenza? Era questa la richiesta di molte delegazioni sentite dalla Commissione (per esempio, Olbia e Nicosia). Per la commissione ciò è escluso. Ad esempio: «Con riferimento, infine all’ulteriore richiesta di istituzione di un autonomo Tribunale con relativa Procura avente sede a Rodi Garganico, la stessa implica necessariamente l’intervento di un’apposita norma primaria (pag. 97)». E così nel caso di Nicosia, «in ogni caso, la questione relativa alla costituzione del ‘Tribunale di Montagna’, così come quella relativa all’istituzione del Tribunale di Olbia, non può essere oggetto di un decreto correttivo ed esula dalla competenza di questo Gruppo di lavoro».
La commissione però confonde la “costituzione” di un tribunale formato dai circondari di tribunali soppressi (quindi preesistenti alla riforma) e all’interno del valore soglia di 100 mila abitanti, con la “istituzione” di un nuovo tribunale. Esemplare il “caso Nicosia” dove – a differenza di Olbia – la richiesta riguardava l’unione degli ex circondari di Nicosia e Mistretta che, unitamente all’attribuzione di alcuni territori appartenenti a circondari limitrofi (Palermo) avrebbe consentito la “costituzione” del tribunale di montagna. E ciò è ben possibile, in forza dell’art. 1, comma 5 della L. 148/2011, secondo la quale, «Il Governo, con la procedura indicata nel comma 4, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 2 e nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi». Viceversa, l’interpretazione della commissione, se applicata dal Ministero così come redatta dalla commissione, farà escludere anche la costituzione del “Tribunale della Pedemontana”, ossia il tribunale formato da Bassano, Marostica e tutti i comuni limitrofi, in pratica un unico bacino che faccia capo a un unico Tribunale, Bassano appunto. A conclusione del lavoro, la commissione non ritiene utile alcun intervento con decreto correttivo: «Tanto premesso, proprio lo stato avanzato di attuazione della riforma ed il conseguente consolidamento delle situazioni territoriali consente di ritenere che, dal punto di vista strettamente tecnico, allo stato, non sembrerebbero emergere situazioni tali da richiedere un intervento mediante decreto correttivo sotto il profilo di un diverso assetto geografico – in relazione ai territori comunali interessati - dei circondari giudiziari, ovvero addirittura il ripristino di uffici soppressi (pag. 115)».
E’ quindi fondato il timore che della relazione se ne faccia un uso strumentale, da parte dei fautori o dei detrattori della riforma e ciò con pari forza, a causa della debolezza argomentativa del testo, con ciò non rendendosi conto del prossimo obbiettivo: la chiusura di alcune Corti di Appello.
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